Mettiamoci in viaggio
con Giuseppe e Maria.
Siamo solo dei numeri;
ma non per Dio!
La notizia giunge fino in
Galilea, fra le montagne,
nel piccolo villaggio di
Nazareth.
Pare che Roma abbia indetto un
censimento;
ognuno deve tornare al proprio
villaggio di
origine per farsi registrare.
Forse è un’iniziativa del legato
di Siria, forse
dell’imperatore stesso.
Poco importa; bisogna mettersi
per strada,
raccogliere il necessario per il
viaggio, formare
una carovana, scegliere gli asini
e partire.
Un gruppo, insieme a Giuseppe,
scenderà
fino a Betlemme.
Maria, certo, non può restare da
sola a casa.
Anche lei si muoverà, nonostante
la gravidanza
volga al suo termine.
Me lo vedo, l’imperatore.
Quel Cesare Ottaviano Augusto che
ha finalmente
portato la pace a Roma, fino ad
allora divisa fra
lotte fratricide.
Lui, figlio adottivo di Giulio
Cesare, assassinato,
ha avuto l’ardire di immaginare
un Impero unito
sotto un’unica potenza.
Scaltrezza politica,
determinazione e fortuna lo
hanno portato a diventare l’uomo
più potente del
mondo come mai era accaduto, fino
ad allora, e
come pochi altri riusciranno a
fare, da ora in avanti.
Eppure Augusto vive una vecchiaia
colma di amarezza.
Senza i suoi amici di gioventù,
ormai tutti morti.
Senza la sua amatissima figlia
Giulia, che egli stesso
ha mandato in esilio con l’accusa
di cospirazione.
E me lo immagino mentre, con
noncuranza, pone il
sigillo su alcuni editti
imperiali, fra cui un censimento
da tenersi nelle lontane province
d’Oriente.
Bisogna contare i propri sudditi.
Lo fanno spesso, i re e non solo.
Per ricordare a tutti chi comanda
e chi ubbidisce,
chi sta sopra e chi sotto, chi
decide e chi subisce,
chi chiama e chi risponde, chi
impone e chi paga;
nulla cambia al mondo, basta
guardare ai giorni
nostri, ai nostri governanti,
tutto uguale.
Un censimento per contare, per
contarsi, per
imporre tributi e chiamare alle
armi.
Non gli ebrei, no.
Sono ritenuti inaffidabili e
nessuno di loro può
servire l’Impero come soldato.
Ma Roma ordina, tutti devono
rispondere. Registrarsi.
Per essere inseriti in uno
schedario, in un gruppo,
in un casellario.
Solo dei numeri.
Poco importa se, fra questi, ci
sono delle partorienti
che devono affrontare tre
giornate di cammino.
Poco importa se, fra questi c’è
Dio.
Così va il mondo, da sempre.
Ci sono coloro che pensano di
essere indispensabili,
e che contano Dio fra i propri
sudditi.
Che manipolano, Dio, brandendolo
come un’arma.
Che lo usano solo per i propri
fini.
Il Dio che i politici, ancora
oggi, fingono di conoscere
e di avere per amico.
Il Dio che sventolano durante le
campagne elettorali
e che scordano quando seggono nei
luoghi di potere.
E Dio che fa?
Li asseconda, si mette in strada,
sta con il popolo
che subisce.
Come quando, una volta distrutto
il Tempio,
ottocento anni prima della
nascita di Cristo,
Dio si unì al popolo deportato in
Babilonia.
È sempre con i poveri, Dio, con i
perdenti,
con gli sconfitti.
Perché non si rassegnino.
Non siamo numeri, agli occhi di
Dio.
Egli conta i capelli del nostro
capo, siamo preziosi
ai suoi occhi, il nostro nome è
scritto sul palmo
della sua mano.
Non si dimentica di noi, Dio,
come una madre non
si dimentica del figlio che porta
in grembo, mai.
Dio cammina con noi, questo è
l’inaudito
messaggio del Natale.
Non sta nei cieli a bearsi della
sua immensità
e della sua perfezione.
Non è il Dio che tutto può e che
si gode la sua
onnipotenza, bastante a se
stesso.
Dio si relaziona, dialoga,
incontra, si mette in gioco.
Riempie di stupore questo Dio
che, con leggerezza,
spiazza tutti.
I potenti, anzitutto, che fa
scendere dai troni per
innalzare gli umili.
Ci ricordiamo di Erode solo
perché ha cercato di
far uccide il bambino Gesù.
E di suo figlio Erode Antipa solo
perché ha fatto
uccidere un profeta scomodo,
Giovanni il battezzatore.
E dello scaltro Pilato perché ha
acconsentito a far
crocifiggere un ebreo marginale,
un Nazareno
malvisto dal Sinedrio.
Pedine che si credevano semi-dèi.
Questo insegna
l’incarnazione di Dio; nulla
mai è come sembra.
E la logica di Dio non
è quella degli uomini.
Mettiamoci in strada,
amici, camminiamo
assieme al Signore e
vedremo la gloria dentro
una mangiatoia, buona
attesa Fausto.
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