domenica 4 dicembre 2022

In TV dicono che il Natale è bello, certo, il Natale è bello, ma quale?

 
È bellissimo il Natale, amici; bello e intenso.

Bello perché smuove il bambino che è in noi.

Perché fa riaffiorare i ricordi dell’infanzia.

Bello perché gravido dell’attesa che cresce giorno per giorno, che si rende

visibile nelle vie della città che, gradualmente, si illuminano, nei negozi che

attirano i clienti allestendo le vetrine con ogni ben di Dio, nelle decorazioni

appese al bancone del bar o nell’ufficio postale.

È bellissimo il Natale, con le lettere che i bambini scrivono a Babbo Natale,

complici gli adulti, con le struggenti musiche natalizie suonate apposta per

far abbondare le emozioni, con gli abeti addobbati e Santa Klaus sorridente

che compare ovunque.

È bellissimo il Natale; è la festa dei bambini e dei loro sogni, della loro

innocenza, prima che essa venga travolta dagli affanni della vita e della

consapevolezza del dolore.

È la festa del bambino che è ancora in noi, che osa sognare, che si lascia

coinvolgere ed entusiasmare dalla famiglia radunata attorno al fuoco del

caminetto (chi ha la fortuna di averlo), o intorno al tavolo apparecchiato,

con la tovaglia delle feste e le candele colorate.

È bello anche se, una volta diventati adulti, le sofferenze della vita ci

amareggiano e ci rendono più duri e disillusi, disincantati e, Dio non

voglia, cinici.

Ma, nonostante il fermo proposito di non lasciarci coinvolgere dal clima

natalizio, può succedere che la nostra scorza si incrini appena un’immagine,

un odore, un suono ci raggiungano e ci sprofondano nell’infanzia vissuta.

O desiderata.

Come se una chiave aprisse una porta spalancata su un mondo meraviglioso

di felicità intensa e inattesa.

Perciò è così bello il Natale.

Ogni Natale. Nonostante tutto.

Questo è il mio sogno, e la mia fantasia sul Natale.

Ma gli anni passano e tanti, tutto si sbiadisce e torni alla realtà, nuda e cruda,

niente più sogni, niente più colori; ormai il dolore ha offuscato tutto e ti ritrovi

catapultato nella triste realtà.

È terribile il Natale; orrendo e straziante.

Perché il clima di famiglia e di armonia, di forti emozioni e di sentimenti

positivi che richiama, per molte persone, è insopportabile.

È insostenibile; una tragica illusione, una chimera.

Un autentico strazio, sanguinante.

Per quanti passano il Natale da soli in casa, senza festeggiare, o invitati

all’ultimo momento da un lontano parente, per quanti non ricevono regali.

Per chi ha sperimentato il lutto o sta sperimentando la sofferenza.

Per chi ha accanto una persona ammalata.

Per chi ha accanto una persona che non ama più.

Per chi aveva accanto a sé una persona che amava e che ora se n’è andata.

È un abisso il Natale, con tutte le immagini patinate che ci giungono dalla

televisione e che sembrano dire una cosa sola; oggi tutti sono felici e

spensierati, tranne te.

E, allora, speri solo che passi, che arrivi l’Epifania.

Cerchi di gestire l’ansia, perdi lucidità e tutti i ragionamenti che fai non

servono a lenire il dolore.

Come un brutto raffreddore dell’anima, aspetti solo che se ne vada, che si

spengano le luminarie e si riportino in cantina addobbi e alberi.

E speri di riprendere il tran tran quotidiano, nella speranza che non suoni

più il telefono per non sentire più i soliti auguri rituali.

Mi spaventa tanto il dolore.

Ogni anno più diffuso, ogni anno più evidente.

Il dolore che nasce dal sentirsi estromessi dalla festa del Natale.

Perdenti, abbandonati e soli.

E mi interrogo, come credente, come discepolo, come innamorato di Dio.

Nel Natale Dio si fa uomo, si rende accessibile, proprio per colmare ogni

dolore e ogni solitudine.

Ed è riconosciuto dagli ultimi del suo tempo, da Maria e Giuseppe, i suoi

giovani e spaesati genitori.

Dai pastori, gli zingari di allora.

Dal vecchi Simeone, scoraggiato e stanco.

Dai Magi, curiosi cercatori di verità.

Dio viene, amici, per chi non lo aspetta.

Per chi è spinto ai margini della società.

Per chi è stanco e spento.

È nato per voi, dice un angelo agli increduli pastori.

Non per chi è colmo e sazio.

Ma per chi è dolente e piegato.

E se proprio i dolenti, gli ultimi, i perdenti di oggi vivono questo giorno

come il peggiore dell’anno?

Abbiamo, come minimo, dei serissimi problemi di comunicazione, noi cattolici.

Perciò, amici, voglio mettere fra parentesi le mie poche emozioni.

Voglio capire cosa è venuto a fare Dio nella Storia.

Nella mia vita; nella mia inutile vita di sofferenza.

Voglio riscoprire tutta la stupenda pazzia di un Dio che diventa uomo.

Per imparare a essere uomo fino in fondo.

Voglio riscoprire la leggerezza di Dio.

Voglio; forse ho ripreso a sognare, ma se questo è un sogno, allora,

lasciatemi sognare, almeno nei miei sogni non c’è sofferenza.

Certo, amici, è bello sognare, ma ora non ho tempo di farlo perchè oggi devo

assentarmi per qualche giorno e se tutto va bene, ci ritroveremo fra qualche

giorno, un abbraccio e buona giornata Fausto.

 

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