È bellissimo il Natale,
amici; bello e intenso.
Bello perché smuove il bambino
che è in noi.
Perché fa riaffiorare i ricordi
dell’infanzia.
Bello perché gravido dell’attesa
che cresce giorno per giorno, che si rende
visibile nelle vie della città
che, gradualmente, si illuminano, nei negozi che
attirano i clienti allestendo le
vetrine con ogni ben di Dio, nelle decorazioni
appese al bancone del bar o
nell’ufficio postale.
È bellissimo il Natale, con le
lettere che i bambini scrivono a Babbo Natale,
complici gli adulti, con le
struggenti musiche natalizie suonate apposta per
far abbondare le emozioni, con
gli abeti addobbati e Santa Klaus sorridente
che compare ovunque.
È bellissimo il Natale; è la
festa dei bambini e dei loro sogni, della loro
innocenza, prima che essa venga
travolta dagli affanni della vita e della
consapevolezza del dolore.
È la festa del bambino che è
ancora in noi, che osa sognare, che si lascia
coinvolgere ed entusiasmare dalla
famiglia radunata attorno al fuoco del
caminetto (chi ha la fortuna di
averlo), o intorno al tavolo apparecchiato,
con la tovaglia delle feste e le
candele colorate.
È bello anche se, una volta
diventati adulti, le sofferenze della vita ci
amareggiano e ci rendono più duri
e disillusi, disincantati e, Dio non
voglia, cinici.
Ma, nonostante il fermo proposito
di non lasciarci coinvolgere dal clima
natalizio, può succedere che la
nostra scorza si incrini appena un’immagine,
un odore, un suono ci raggiungano
e ci sprofondano nell’infanzia vissuta.
O desiderata.
Come se una chiave aprisse una
porta spalancata su un mondo meraviglioso
di felicità intensa e inattesa.
Perciò è così bello il Natale.
Ogni Natale. Nonostante tutto.
Questo è il mio sogno, e la mia fantasia
sul Natale.
Ma gli anni passano e tanti,
tutto si sbiadisce e torni alla realtà, nuda e cruda,
niente più sogni, niente più
colori; ormai il dolore ha offuscato tutto e ti ritrovi
catapultato nella triste realtà.
È terribile il Natale; orrendo e
straziante.
Perché il clima di famiglia e di
armonia, di forti emozioni e di sentimenti
positivi che richiama, per molte
persone, è insopportabile.
È insostenibile; una tragica
illusione, una chimera.
Un autentico strazio,
sanguinante.
Per quanti passano il Natale da
soli in casa, senza festeggiare, o invitati
all’ultimo momento da un lontano
parente, per quanti non ricevono regali.
Per chi ha sperimentato il lutto
o sta sperimentando la sofferenza.
Per chi ha accanto una persona
ammalata.
Per chi ha accanto una persona
che non ama più.
Per chi aveva accanto a sé una
persona che amava e che ora se n’è andata.
È un abisso il Natale, con tutte
le immagini patinate che ci giungono dalla
televisione e che sembrano dire
una cosa sola; oggi tutti sono felici e
spensierati, tranne te.
E, allora, speri solo che passi,
che arrivi l’Epifania.
Cerchi di gestire l’ansia, perdi
lucidità e tutti i ragionamenti che fai non
servono a lenire il dolore.
Come un brutto raffreddore
dell’anima, aspetti solo che se ne vada, che si
spengano le luminarie e si
riportino in cantina addobbi e alberi.
E speri di riprendere il tran
tran quotidiano, nella speranza che non suoni
più il telefono per non sentire
più i soliti auguri rituali.
Mi spaventa tanto il dolore.
Ogni anno più diffuso, ogni anno
più evidente.
Il dolore che nasce dal sentirsi
estromessi dalla festa del Natale.
Perdenti, abbandonati e soli.
E mi interrogo, come credente,
come discepolo, come innamorato di Dio.
Nel Natale Dio si fa uomo, si
rende accessibile, proprio per colmare ogni
dolore e ogni solitudine.
Ed è riconosciuto dagli ultimi
del suo tempo, da Maria e Giuseppe, i suoi
giovani e spaesati genitori.
Dai pastori, gli zingari di
allora.
Dal vecchi Simeone, scoraggiato e
stanco.
Dai Magi, curiosi cercatori di
verità.
Dio viene, amici, per chi non lo
aspetta.
Per chi è spinto ai margini della
società.
Per chi è stanco e spento.
È nato per voi, dice un angelo
agli increduli pastori.
Non per chi è colmo e sazio.
Ma per chi è dolente e piegato.
E se proprio i dolenti, gli
ultimi, i perdenti di oggi vivono questo giorno
come il peggiore dell’anno?
Abbiamo, come minimo, dei
serissimi problemi di comunicazione, noi cattolici.
Perciò, amici, voglio mettere fra
parentesi le mie poche emozioni.
Voglio capire cosa è venuto a
fare Dio nella Storia.
Nella mia vita; nella mia inutile
vita di sofferenza.
Voglio riscoprire tutta la
stupenda pazzia di un Dio che diventa uomo.
Per imparare a essere uomo fino
in fondo.
Voglio riscoprire la leggerezza
di Dio.
Voglio; forse ho
ripreso a sognare, ma se questo è un sogno, allora,
lasciatemi sognare,
almeno nei miei sogni non c’è sofferenza.
Certo, amici, è bello
sognare, ma ora non ho tempo di farlo perchè oggi devo
assentarmi per qualche
giorno e se tutto va bene, ci ritroveremo fra qualche
giorno, un abbraccio e
buona giornata Fausto.
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