Veglia pasquale nella notte Santa.
Prima lettura.
Dio vide quanto
aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona.
Dal libro della Genesi
(1,1-2,2)
In principio Dio creò
il cielo e la terra. La terra era informe e deserta e le
tenebre ricoprivano
l’abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque.
Dio disse: «Sia la
luce!».
E la luce fu. Dio vide
che la luce era cosa buona e Dio separò la luce dalle tenebre.
Dio chiamò la luce
giorno, mentre chiamò le tenebre notte.
E fu sera e fu
mattina: giorno primo.
Dio disse: «Sia un
firmamento in mezzo alle acque per separare le acque dalle acque».
Dio fece il firmamento
e separò le acque che sono sotto il firmamento dalle acque
che sono sopra il
firmamento.
E così avvenne.
Dio chiamò il
firmamento cielo.
E fu sera e fu
mattina: secondo giorno.
Dio disse: «Le acque
che sono sotto il cielo si raccolgano in un unico luogo
e appaia l’asciutto».
E così avvenne.
Dio chiamò l’asciutto
terra, mentre chiamò la massa delle acque mare.
Dio vide che era cosa
buona.
Dio disse: «La terra
produca germogli, erbe che producono seme e alberi da frutto,
che fanno sulla terra
frutto con il seme, ciascuno secondo la propria specie».
E così avvenne.
E la terra produsse
germogli, erbe che producono seme, ciascuna secondo la propria
specie, e alberi che
fanno ciascuno frutto con il seme, secondo la propria specie.
Dio vide che era cosa
buona. E fu sera e fu mattina: terzo giorno.
Dio disse: «Ci siano
fonti di luce nel firmamento del cielo, per separare il giorno
dalla notte; siano
segni per le feste, per i giorni e per gli anni e siano fonti di luce
nel firmamento del
cielo per illuminare la terra».
E così avvenne.
E Dio fece le due
fonti di luce grandi: la fonte di luce maggiore per governare
il giorno e la fonte
di luce minore per governare la notte, e le stelle.
Dio le pose nel
firmamento del cielo per illuminare la terra e per governare
il giorno e la notte e
per separare la luce dalle tenebre.
Dio vide che era cosa
buona.
E fu sera e fu
mattina: quarto giorno.
Dio disse: «Le acque
brùlichino di esseri viventi e uccelli volino sopra
la terra, davanti al
firmamento del cielo».
Dio creò i grandi
mostri marini e tutti gli esseri viventi che guizzano e brùlicano
nelle acque, secondo
la loro specie, e tutti gli uccelli alati, secondo la loro specie.
Dio vide che era cosa
buona.
Dio li benedisse:
«Siate fecondi e moltiplicatevi e riempite le acque dei mari;
gli uccelli si
moltìplichino sulla terra».
E fu sera e fu
mattina: quinto giorno.
Dio disse: «La terra
produca esseri viventi secondo la loro specie: bestiame,
rettili e animali
selvatici, secondo la loro specie».
E così avvenne.
Dio fece gli animali selvatici,
secondo la loro specie, il bestiame, secondo la
propria specie, e
tutti i rettili del suolo, secondo la loro specie.
Dio vide che era cosa
buona.
Dio disse: «Facciamo
l’uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza:
dòmini sui pesci del
mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutti gli
animali selvatici e su
tutti i rettili che strisciano sulla terra».
E Dio creò l’uomo a
sua immagine; a immagine di Dio lo creò:
maschio e femmina li
creò.
Dio li benedisse e Dio
disse loro: «Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la
terra e soggiogatela,
dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su
ogni essere vivente
che striscia sulla terra».
Dio disse: «Ecco, io
vi do ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra,
e ogni albero
fruttifero che produce seme: saranno il vostro cibo.
A tutti gli animali
selvatici, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli esseri che
strisciano sulla terra
e nei quali è alito di vita, io do in cibo ogni erba verde».
E così avvenne.
Dio vide quanto aveva
fatto, ed ecco, era cosa molto buona.
E fu sera e fu
mattina: sesto giorno.
Così furono portati a
compimento il cielo e la terra e tutte le loro schiere.
Dio, nel settimo
giorno, portò a compimento il lavoro che aveva fatto e cessò
nel settimo giorno da
ogni suo lavoro che aveva fatto.
Parola di Dio.
Seconda lettura.
Cristo risorto dai
morti non muore più.
Dalla lettera di S.
Paolo Apostolo ai Romani (6, 3-11)
Fratelli, non sapete
che quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati
battezzati nella sua
morte?
Per mezzo del
battesimo dunque siamo stati sepolti insieme a lui nella morte affinché,
come Cristo fu
risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi
possiamo camminare in
una vita nuova.
Se infatti siamo stati
intimamente uniti a lui a somiglianza della sua morte, lo saremo
anche a somiglianza
della sua risurrezione.
Lo sappiamo: l’uomo
vecchio che è in noi è stato crocifisso con lui, affinché fosse reso
inefficace questo
corpo di peccato, e noi non fossimo più schiavi del peccato.
Infatti chi è morto, è
liberato dal peccato.
Ma se siamo morti con
Cristo, crediamo che anche vivremo con lui, sapendo che
Cristo, risorto dai
morti, non muore più; la morte non ha più potere su di lui.
Infatti egli morì, e
morì per il peccato una volta per tutte; ora invece vive, e vive per Dio.
Così anche voi
consideratevi morti al peccato, ma viventi per Dio, in Cristo Gesù.
Parola di Dio.
Vangelo.
Gesù Nazareno, il crocifisso,
è risorto.
Dal Vangelo secondo Marco
(16,1-7) anno B.
Passato il sabato,
Maria di Màgdala, Maria di Giacomo e Salome comprarono
oli aromatici per
andare ad ungerlo.
Di buon mattino, il
primo giorno della settimana, vennero al sepolcro al levare del sole.
Dicevano tra loro:
«Chi ci farà rotolare via la pietra dall'ingresso del sepolcro?».
Alzando lo sguardo,
osservarono che la pietra era già stata fatta rotolare, benché
fosse molto grande.
Entrate nel sepolcro,
videro un giovane, seduto sulla destra, vestito d'una
veste bianca, ed
ebbero paura.
Ma egli disse loro:
«Non abbiate paura!
Voi cercate Gesù
Nazareno, il crocifisso.
È risorto, non è qui.
Ecco il luogo dove
l'avevano posto.
Ma andate, dite ai
suoi discepoli e a Pietro: "Egli vi precede in Galilea.
Là lo vedrete, come vi
ha detto».
Parola del Signore.
Meditazione personale
sul Vangelo di oggi.
Ora cercheremo di capire con
l’aiuto degli Evangelisti, cosa è accaduto dopo il
famoso sabato, in cui Gesù è
rimasto rinchiuso nel sepolcro, i racconti si
differenziano tra di loro, per
questo ve li propongo tutti e quattro, commentandoli
in modo da capire il loro stato
d’animo, e magari anche il nostro.
Il dolore da superare.
Perché cercate tra i morti il
vivente?
Vero, troppe persone pensano a
Dio come a un cadavere, troppi cristiano si
avvicinano alla fede come si
entra in un cimitero; con gran rispetto e in silenzio, lo
sguardo raccolto e meditabondo,
ma col desiderio di uscirne il più in fretta possibile.
L’angelo è visibilmente irritato
da quell’atteggiamento, come vedremo anche in Matteo.
Gesù è vivo, inutile cercarlo
nella tomba; Gesù ormai ha superato ogni dolore,
Egli è altrove, presente.
La sua morte dolorosa e violenta
è alle spalle, non solo superata, ma dimenticata.
Perché Gesù è morto?
Conosco molte persone devote a
Gesù in croce; la meditazione della passione,
nei secoli, ha suscitato grandi
conversioni, profonde riflessioni; nella croce
troviamo la rivelazione
definitiva e inequivocabile del vero volto di Dio.
Il cuore della riflessione è;
perché mai Gesù è morto?
Qual’è la ragione ultima della
morte di Gesù?
I nostri peccati? Una congiura
politica?
Una tragica incomprensione?
Intorno a queste domande ruota
tutta la nostra fede.
Gesù viene a svelare il vero
volto di Dio, il volto del Padre.
Questo evento è l’ultimo tassello
di un’entusiasmante e originale storia d’amore
fra Dio e il suo popolo, storia
vissuta in prima persona da Israele, tra alti e bassi.
Un Dio che si racconta, che entra
in relazione, che ama, che sostituisce
quell’immagine innata e oscura
della divinità che portiamo nell’inconscio.
Questa relazione vive momenti
esaltanti (da Abramo, attraverso Mosè e Davide,
fino ai profeti), e momenti
deprimenti, caratterizzati dalla fatica dell’uomo
a restare fedele all’immagine che
Dio svela di sé attraverso i profeti.
Stanco di questo, Dio diventa
uomo.
Gesù è il vero volto di Dio, il
raccontatore del Padre.
Lo racconta con la sua vita, la
sua serena Parola, le sue vibranti provocazioni.
Gesù sceglie, all’inizio della
sua missione, nel deserto di Giuda, quale messia diventare.
Il demonio, con arguto buon
senso, lo invita a usare la forza, lo stupore, il miracolo,
l’alleanza col potere, per essere
efficace (Matteo 4,1).
Ha ragione, in fondo; se Gesù
avesse galleggiato nel vuoto sorretto
da angeli, non sarebbe forse
stato riconosciuto come Messia?
Invece no, Gesù sceglie di essere
un Messia di basso profilo, un Dio sottotono, mediocre.
Non userà la forza, né compirà
prodigi eclatanti, non userà le armi della seduzione,
rifiuterà i trucchi del politico,
(quanto servirebbe che fosse qui, ora, per insegnare
ai nostri politici come si fa ad
amare il popolo che li hanno votati!).
Perché Dio vuole essere amato per
ciò che è, perché “è”, e non per ciò che dà.
Gesù difende il Padre contro la
visione meschina e approssimativa che ne abbiamo.
Ma non bastano i miracoli
(ambigui), né la tenerezza (fragile), né la predicazione
(controversa) degli anni di vita
pubblica.
Gesù arriva alla fine dei suoi
intensi tre anni con un pugno di mosce in mano,
l’umanità non ha capito; noi non
abbiamo capito.
I suoi discepoli, preziosi e
amati, sono fermi alla contraddizione del potere e della
gloria e, inchiodati al proprio
(evidente) limite; i capi religiosi ne avvertono la
forza destabilizzante; la folla e
noi, segue e seguiamo, il vento della moda.
Gesù non ha alcuna possibilità di
farcela, la sua scommessa è persa.
Non è servito, non è bastato, non
è sufficiente tutto l’amore che ha donato.
Forse aveva ragione l’avversario,
là nel deserto; troppo ingenuo questo
modo di operare.
Davvero Dio pensava di trattare
gli uomini alla pari?
Di aprire il loro cuore col
sorriso?
Di presentarsi vulnerabile?
La scelta da fare, ormai, è una
sola; andarsene, rinunciare, gettare la spugna.
Occuparsi-chissà-di un altro
mondo. Oppure!
Oppure lasciarsi travolgere,
sparire e morire.
Lasciare che le tenebre vincano,
lasciare che le cose prendano la loro piega, osare.
Osare fino a morire appeso a una
croce, fino all’eccesso.
Altro è dire: “Dio vi ama!” altro
è morire.
Altro dire: “Il Padre vi
perdona!”, altro pendere, nudo, da un palo.
Una cosa parlare, un’altra
morire. Urlando.
Una cosa predicare, un’altra
vivere fino in fondo ciò che si è predicato.
Capiranno gli uomini?
O Dio sarà uno dei tanti
sconfitti della storia, dimenticati?
La posta in gioco è immensa;
l’esistenza stessa di Dio.
Quanti crocifissi sono morti
nella storia antica? Tantissimi!
Di quanti di loro ricordiamo il
nome e la vita? Di nessuno.
Il rischio che Dio corre in
quell’ultimo gesto, è quello di scomparire per sempre.
L’uomo avrebbe continuato a
immaginarsi Dio con un volto identico ai propri
desideri e alle proprie paure.
Gesù accetta, rischia, si dona.
Forse sarà tutto inutile, come
insinua l’avversario nell’orto degli ulivi. Forse.
L’agonia di Gesù, nell’orto degli
ulivi, l’agonia che lo fa sudare sangue,
è tutta lì, in quella scelta.
Non nel dolore che Gesù deve
affrontare, non nel senso di abbandono da
parte dei suoi, no.
Francamente, conosco persone che
hanno sofferto molto più a lungo di Gesù.
Io credo che il dolore, inaudito,
che Gesù prova, nasca dal dubbio dell’inutilità
della sua scelta definitiva.
L’avversario, che torna adesso
che è giunta l’ora, cerca di scoraggiarlo: “Tutto inutile”.
Inutile; non vedi che ti stanno
venendo a prendere per arrestarti?
Inutile; i tuoi stanno dormendo,
non hanno capito la gravità della situazione.
Inutile; l’uomo non cambierà mai.
Gesù accetta, corre il rischio,
si dona. Morirà.
Lì, appeso alla croce, Dio è
evidente, inequivocabile, non vi è alcuna possibilità di ambiguità.
Il cuore della passione di Cristo
è l’amore, non la violenza.
Gesù muore affidando al Padre il
proprio cuore, e donando a noi il suo Spirito.
Dio è evidente; osteso, mostrato,
nudo.
Dio è così, amici; arreso.
A noi, ora, la prossima mossa.
Ma Gesù, è ancora morto?
Risorto, Gesù è vivo!
Le donne sprecano il loro tempo
nel cercare Gesù per imbalsamarlo.
Meditare la passione può davvero
suscitare la fede.
La meditazione sull’amore che ne
emerge, sul volto di un Dio che muore per
amore, ha convertito più di un
cuore, compreso il mio.
Ma, ahimè, non è questa la sola
ragione della nostra devozione al crocifisso.
Amiamo il crocifisso, ne siamo
coinvolti, turbati, perché tutti abbiamo una ragione
per essere tristi, tutti abbiamo
una sofferenza da condividere.
Ma condividere la gioia è un
altro paio di maniche!
Quando incontro qualcuno per
strada e mi chiede: “Come va?”, se dico: “Non molto
bene, ho avuto una brutta
influenza, sono stato dieci giorni a letto”, abitualmente
la risposta è: “Anche a me è
successo! Sapessi!”.
Se invece rispondo: “Benissimo, è
un periodo fantastico”, ricevo come risposta un
affrettato sorriso.
È più difficile gioire per la
gioia di un altro, che soffrire per la sua sofferenza.
Perciò, molte volte, la nostra
devozione al Crocifisso è, in realtà, una devozione
alla nostra sofferenza proiettata
su Dio.
Non ce l’ho con gli ammalati, ci
mancherebbe, rispetto il loro dolore.
Parlo per tutti noi, di tutti gli
altri, di tutti coloro che si ostinano a cercare un
crocifisso, non il Risorto!
Se cerchiamo Gesù morto, amici,
sbagliamo indirizzo clamorosamente.
Mi chiedo se l’assenza di Dio,
che troppe volte lamentiamo, non sia legata al fatto
che cerchiamo un Dio morto e non
un vivente.
Ci rivolgiamo a Dio, nella
stragrande maggioranza delle volte, in caso di necessità dolorose.
Quasi mai ascolto come preghiera
un: “Senti Dio, ho capito che la vita è un tuo dono, mi
sono innamorato di Te, vedo tutto
rosa, oggi mi sento finalmente bene, vuoi gioire con me?”.
Troppo spesso il Gesù in cui
crediamo è morto, e noi pensiamo di fargli un piacere
portandogli degli unguenti per
imbalsamarlo!
Gesù è morto quando lo teniamo
fuori dalla nostra vita, morto se resta chiuso nei
tabernacoli delle Chiese senza
uscire in strada con noi, morto se la sua Parola non
spacca il mare di ghiaccio che
soffoca il nostro cuore.
Morto e sepolto quando la nostra
diventa una religione senza fede, un quieto appartenere
alla cultura cristiana senza che
il fuoco della sua presenza contagi la nostra e l’altrui
vita; morto se la fede non cambia
la economia, la nostra politica; morto quando ci
arrocchiamo nelle nostre
posizioni di “cattolici” scordando il nostro essere uomini.
Morto, amici, morto!
No, Gesù non è
morto. È vivo!
Non “rianimato”, non “vivo nel
nostro pensiero”, no, veramente risuscitato e presente,
che ci crediamo o no, che ce ne
accorgiamo o no.
Da questa consapevolezza nasce la
gioia cristiana.
La conversione alla
gioia.
La conversione al Risorto è
difficile, difficilissima.
Occorre allontanarsi dal proprio
dolore.
Condividere la gioia cristiana
significa superare il dolore che ci rende tristi.
Non c’è che un modo per superare
il dolore; non amarlo, non affezionarvisi.
La gioia cristiana è una
tristezza superata.
Ma, resistenze, dubbi, mancanza
di fede pesano sul nostro cuore.
Un’esperienza dolorosa
nell’infanzia, una serie di eventi che ci hanno deluso,
possono davvero impedirci di
entrare nella gioia cristiana, che non è un’emozione,
ma una scelta consapevole.
Le donne, tornate dagli apostoli,
non sono credute, e le loro parole “parvero ad
essi come una allucinazione”!
Siamo in buona compagnia, allora,
se anche gli apostoli hanno dovuto convertirsi alla gioia!
Voglio ora commentare, la fatica
immensa fatta dai Dodici, per staccarsi definitivamente
dal loro dolore e dalla tragica
esperienza della croce e del loro fallimento!
E pensare che, per loro, Gesù si
farà vedere e li incoraggerà continuamente!
Se hanno tribolato loro, così
avvantaggiati!
Animo, cercatori di Dio, la più
difficile conversione (dopo quella dal Dio che abbiamo
nella testa al Dio di Gesù) è
proprio quella da una visione crocefissa della fede a una risorta!
Gli apostoli dubitano; solo
Pietro va a verificare; guarda, stupito, e torna a casa
meravigliato, ma non convinto.
Il verbo usato nella lingua
originale, indica insieme stupore e domanda.
È già qualcosa, ma non è ancora
fede; non bastano, un sepolcro vuoto e le bende per
suscitare la fede.
Occorre un’esperienza personale
del Risorto.
E Pietro ne sa qualcosa!
La pietra che ci
impedisce di gioire.
Il protagonista della scena di
Matteo, l’unico Evangelista che si mette a descrivere
(maldestramente) l’indescrivibile
con tanto di terremoto-e l’angelo.
Adoro quest’angelo, è troppo
forte!
Come ve lo immaginate
quest’angelo?
Scende, ribalta la pietra che
chiude il sepolcro, si stende a prendere il sole sulla pietra,
esegue la sua commissione, poi,
con fare da prendere per il sedere, dice: “io ve l’ho
detto”; come a dire: “Non venite
a lamentarvi con me, questo dovevo dirvi e questo
vi ho detto, ora sono affari
vostri!”.
Sperando di non far vacillare la
fede di nessuno, se vi dico che m’immagino
questo angelo diverso dalle
rappresentazioni della storia dell’arte.
Ma me lo vedo in jeans e
giubbotto di pelle, con un paio di occhiali da sole.
L’angelo con gli occhiali da
sole.
Questa trovata è uscita da una
bambina, che si stava preparando alla prima comunione,
una Domenica al Santuario
dell’Amore Misericordioso qualche anno fa, erano bambini
di una parrocchia vicino a Roma
con il loro parroco, io dovevo spiegargli il perché Gesù
è sulla croce, secondo Madre
Speranza.
Poi andiamo a visitare il
presepe, e davanti alla Crocifissione, sepoltura e Resurrezione
di Gesù, chiedo che qualcuno mi
dia un’idea, di quello che stavamo osservando.
Questa bimba mi spiega, vedo una
grande luce che emana Gesù dalla Croce,
non lo vedo disperato e
moribondo, ma vivo.
Ma una grande luce esce anche dal
sepolcro vuoto; è il segno che Gesù non è più li
dentro, perché la pietra era
stata ribaltata, altrimenti come faceva ad uscire da solo
Gesù, con tutte quelle bende che
gli avevano messo addosso.
E sulla pietra c’è un angelo, lo
vedo con i jeans e gli occhiali da sole.
Poi mi dice: “Qui hanno sbagliato
qualcosa, perché l’angelo per forza doveva
avere gli occhiali da sole”.
Sono rimasto perplesso; e lei
fattasi seria mi dice: “Comunque è vero, gli occhiali
da sole servivano.
C’era un sacco di luce!
Insomma, un angelo scanzonato.
Lo so, siamo abituati a vedere
gli angeli dei nostri grandi artisti, ma ci sono anche
gli angeli rapper, per capirci,
quelli che vanno in discoteca; (credo lo sappiate che
ognuno di noi ha il suo angelo,
compresi i nostri ragazzi, e allora quando loro
vanno in discoteca gli angeli se
ne stanno fuori al freddo?
No, entrano anche loro per
seguirli da vicino.
Osservate bene la scena.
Gli altri evangelisti ci
raccontano che la ragione dell’ansia delle donne è la grossa
pietra posta a sigillo del
sepolcro.
Come spostarla?
Una pietra grande, posta proprio
per evitare che Gesù uscisse.
Molti di noi abbiamo una pietra
che impedisce a Gesù di risuscitare, una pietra
che non riusciamo proprio a
spostare, un ostacolo insormontabile, una
considerazione che ci impedisce
di gioire, di convertirci alla gioia.
Qual è la tua pietra, qual è la
vostra pietra?
Qual’è il vostro dolore nascosto?
Forse un trauma subito da
piccoli, forse due genitori che non ti hanno amato
abbastanza, o troppo, forse lo
scontro con il tuo limite, una delusione amorosa,
un difetto insormontabile!
Insomma, quella cosa in cui
passate il tempo a dire: “Se fosse diverso, allora
sarei felice”, e che vi vela di
tristezza anche la gioia più autentica.
Guardatela bene la vostra pietra,
misuratene il peso, ammettete che rimuoverla
è al di sopra delle vostre forze.
Insomma, non facciamo come questo
mondo idiota in cui viviamo, che ci fa credere
che la pietra non esiste, o ce la
fa colorare o decorare coi fiocchi; praticamente te
la nasconde, o ti vende la
soluzione del problema.
Non cercate, come viene
istintivo, di nascondervi agli altri, di mettervi davanti
qualche ficus benjamin per
coprirvi.
No, amici, dobbiamo avere il
coraggio di chiamare per nome e cognome l’origine
della nostra insoddisfazione.
Nella fede occorre sempre partire
dal reale, dal concreto, anche quando è difficile
da accogliere e da accettare.
La pietra, dunque, è quella
situazione che ti sta sullo stomaco, quella fatica che ti
impedisce di gioire,
quell’ostacolo (reale), che reputi insormontabile.
Bene; l’angelo la ribalta e ci si
stende sopra a prendere il sole.
Non è fantastico? No, per niente!
Scanzonato di un angelo!
Arrivo lì, con la faccia da
Venerdì santo di circostanza, consapevole del mio limite,
triste da far paura…e lui si
abbronza disteso proprio sulla mia pietra.
E mi dice: “Scusa, qual’era il
problema che t’impediva di gioire?
Quella roba che ti bloccava e ti
faceva disperare?
Quella cosa che ti aveva per
sempre rovinato la vita?
Questa qui sotto? Sto sasso? Ma
dai; non ci credo!”.
Cos’è amici, che vi devo dire?
Ho visto fratelli e sorelle
portarsi nel cuore delle ferite insanabili, dei crateri; ho
visto fantasmi orribili
girovagare nel loro inconscio; ho visto fratelli e sorelle
incapaci di guarire e di gioire,
persi nel delirio dell’eroina o della violenza;
e poi li ho visti ribaltati, loro
e le loro pietre. E rinascere.
Non è facile; per rinascere
bisogna muoversi, salire al sepolcro delle proprie paure
e del proprio passato, senza
illusioni, sapendo che, comunque, le cicatrici della
paura resteranno appiccicate
all’anima.
Ma rinascere è possibile.
È possibile, perché, la potenza
della resurrezione può davvero contagiare
e guarire una vita.
La tua, la mia, la vostra. Se volete.
Io ve l’ho detto!
Il messaggio dell’angelo è
analogo agli altri evangelisti: “Gesù è vivo, piantatela
di piangere, riferite agli altri
di darsi una sveglia”.
Poi la conclusione: “Io ve l’ho
detto”.
Probabilmente, Dio Padre ha
mandato per quest’annuncio uno degli angeli più
esperti del mestiere; perciò
l’angelo è così pessimista!
Frequentare gli umani provoca,
negli angeli, una reazione nervosa, suscitata dalla
risposta ottusa e dal dubbio di
noi uomini, atteggiamenti che fanno fatica a capire.
Solo per restare nell’ambito del
Vangelo, pensate al povero Zaccaria, papà di
Giovanni Battista, che a causa di
un leggerissimo ritardo nella risposta
(andatevi a leggere Luca 1,5-25),
si è ritrovato muto per nove mesi.
Quindi, se vi capitasse di
incrociare un angelo nella vita, imparate da
Maria (Luca 1,26-38), per non
correre il rischio di fare brutte figure,
e per non suscitare una
rispostaccia da parte dell’angelo.
Dicevamo; l’angelo è abbastanza
abituato ad avere a che fare con noi umani, conosce
i nostri limiti, la mancanza di
fede, il dubbio e le lentezze nella risposta.
Perciò, dopo avere fatto la sua
bella commissione, l’angelo declina ogni
responsabilità riguardo
all’atteggiamento delle donne.
Questo spesso accade, nella vita!
Dio ci indica la strada,
condivide i suoi sogni, ci mette a parte dei suoi progetti
e noi niente, nulla, encefalo
piatto, incredulità a mille!
Insomma; anche Dio fa quel che
può.
Avendo avuto la geniale e
discutibile idea di crearci liberi, Egli si trova il più
delle volte, di fronte ad una
risposta contorta e dubbiosa.
Che sia questo malfunzionamento
della comunicazione all’origine di tante
incomprensioni con Dio?
Se le donne fossero state zitte
(poco probabile) o i destinatari del messaggio,
emeriti maschilisti (come dice
due volte Luca), non avessero dato loro retta,
che cosa avrebbe potuto fare di
più, Dio?
Ora amici, facciamo uno scoop
giornalistico!
Ovvio, scontato, dovuto.
Figuriamoci se non dovevano
intorbidire le acque già così torbide.
Gesù vivo? Ma siete scemi?
Andiamo, uomini del luminoso
ventunesimo secolo, che andate massicciamente
dai cartomanti e leggete
l’oroscopo, ma considerate pie leggende tutto ciò
che riguarda Dio!
Gesù non è risorto. Nooo!
Rianimato (il freddo della roccia
pare), rubato dagli apostoli (può essere; se li
beccano li ammazzano, sono tutti
dei conigli, li vedete combattere coi soldati
per riprendersi un cadavere?...,
io sinceramente no, ripresosi e andato in giro
in India a fare il guru, visto
l’aria che tira in Palestina, vivo, sì, ma nei nostri
ricordi e nelle nostre nostalgie.
Insomma; se volete smontare il
cristianesimo, negate la resurrezione.
Potete farlo, lo fanno in molti,
lo hanno fatto un quarto d’ora dopo la resurrezione.
Matteo, che scrive questa pagina
forse trent’anni dopo gli eventi, dice che quella
diceria si era diffusa fino a
quei tempi.
Tenerissimo, Matteo!
La diceria si è diffusa fino ad
oggi, e lo resterà nei secoli!
Perché la resurrezione è
questione di fede, non è evidente, mettiamocelo in testa.
Se credete, credete alla
testimonianza degli apostoli, delle donne, di chi c’era e
ha trovato una tomba vuota, nulla
di più.
Gesù è davvero risorto, che ce ne
accorgiamo o no, che lo vogliamo o no, che lo
crediamo o no.
Il problema non è Lui.
Siamo noi, e la nostra poca fede.
È un percorso, certo, e invito
tutti a farlo.
Convertiti dall’evidenza?
D’altronde è l’evidenza che
converte, non la prova, non il miracolo.
Gesù ha sempre usato con
parsimonia il miracolo, conoscendone l’implicita ambiguità,
e quando lo ha usato era sempre
come sigillo di una Parola detta, come una conferma
autorevole di una buona notizia o
buona novella.
Ricordate la resurrezione di
Lazzaro (Giovanni 11,1-44)?
Davanti all’evento strepitoso
della resurrezione di un uomo palesemente morto
e un pò decomposto, davanti al
miracolo dei miracoli, testimoniato da centinaia
di testimoni esterrefatti, alcuni
si pigliano la briga di farsi quattro chilometri di
strada da Betania a Gerusalemme,
per andare a denunciare Gesù.
No, non è vero che necessitiamo
di prove, di evidenza.
La vita è solo in parte evidenza.
La vita è mistero.
Mistero l’amore, il dolore, la
noia, la rabbia, mistero la gioia, l’amicizia, lo stupore.
Esiste sempre una dimensione che
ci sfugge, pur possedendola.
Come se ci trovassimo a nuotare
in un oceano; vi siamo immersi, ne siamo attorniati,
eppure ci sfugge nella sua
immensità, nella sua pienezza!
È la fede, la porta di questa
dimensione.
Perciò, a parte il tentativo
maldestro di Matteo, i discepoli si guardano bene
dal descrivere l’evento della
resurrezione.
C’è il dopo, fatto di segni, che
coinvolgono l’intelligenza, che interrogano,
che suscitano la fede, ma che non
sono evidenti.
Non è di prove che abbiamo
bisogno, ma di fede, e di testimoni credibili, che
vivono quel Risorto,
che-dicono-ha loro incendiato il cuore.
Siamo sinceri; il nostro
approccio alla fede è nell’ordine dell’emotività, se va bene,
e il più delle volte del
pregiudizio.
Occorre ribadirlo; la fede
cristiana non è frutto della ragione, è e resta
esperienza misteriosa e
personale.
Ma, è ragionevole.
Abituati alle soluzioni spicce, a
prendere il riassunto dell’editorialista di turno,
non abbiamo più il coraggio della
ricerca, la fatica dello scrutare, non abbiamo
più tempo per riflettere,
indagare, leggere o ascoltare.
Dobbiamo produrre e consumare.
E così perdiamo la tenerezza di
Dio.
Dio è accessibile, evidente,
incontrabile.
Ma non è banale, non scontato,
non infantile.
Incontrare Dio richiede
intelligenza, fatica, disponibilità, ragionevolezza.
Ci vuole un cuore trasparente per
poterlo vedere, un desiderio limpido per
poterne assaporare l’immensità.
Animo amici! Coraggio, cercatori
di Dio.
Oggi essere discepoli richiede la
fatica della ricerca, l’ardire della conoscenza.
Non accontentiamoci del “sentito
dire”, non andiamo dietro alla massa beota dei
pregiudizi, informiamoci,
chiediamo, leggiamo, dedichiamo tempo ad approfondire
l’aspetto storico e ragionevole
della nostra fede; studiamoli questi Vangeli, non con
la curiosità del turista, ma con
la passione dell’esploratore.
Il nostro mondo ha bisogno di
cristiani motivati, preparati, uomini di fede e di cultura che
vadano al sepolcro di persona,
senza dar retta ai soldati di ventura, o ai profeti di sventura.
Solo davanti ad un sepolcro
vuoto, possiamo capire la grandezza della resurrezione,
solo lì, possiamo capire la
grandezza dell’Amore Misericordioso del Signore.
Santa Pasqua dal
profondo del mio cuore, amici, che l’Amore e la Misericordia di Gesù,
possano riempire la
vostra vita e le vostre famiglie, Fausto.
Padre nostro che sei
nei cieli, sia santificato il
tuo nome, venga il tuo
regno, sia fatta la tua
volontà come in cielo
così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano, rimetti a
noi i nostri debiti
come noi li rimettiamo ai nostri
debitori, e non ci
indurre in tentazione,
ma liberaci dal male.
Amen.
Ave, o Maria, piena di
grazia, il Signore è con te.
Tu sei benedetta fra le donne e benedetto il frutto
del tuo seno, Gesù.
Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi peccatori,
adesso e nell'ora della nostra morte. Amen.
Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo.
Come era nel
principio, ora, e sempre,
nei secoli dei secoli.
Amen.
Buona Pasqua, Fausto.
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