sabato 3 aprile 2021

Il Vangelo della Notte della Risurrezione 3 Aprile 2021

 

Veglia pasquale nella notte Santa.

Prima lettura.

Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona.

Dal libro della Genesi (1,1-2,2)

In principio Dio creò il cielo e la terra. La terra era informe e deserta e le

tenebre ricoprivano l’abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque.

Dio disse: «Sia la luce!».

E la luce fu. Dio vide che la luce era cosa buona e Dio separò la luce dalle tenebre.

Dio chiamò la luce giorno, mentre chiamò le tenebre notte.

E fu sera e fu mattina: giorno primo.

Dio disse: «Sia un firmamento in mezzo alle acque per separare le acque dalle acque».

Dio fece il firmamento e separò le acque che sono sotto il firmamento dalle acque

che sono sopra il firmamento.

E così avvenne.

Dio chiamò il firmamento cielo.

E fu sera e fu mattina: secondo giorno.

Dio disse: «Le acque che sono sotto il cielo si raccolgano in un unico luogo

e appaia l’asciutto».

E così avvenne.

Dio chiamò l’asciutto terra, mentre chiamò la massa delle acque mare.

Dio vide che era cosa buona.

Dio disse: «La terra produca germogli, erbe che producono seme e alberi da frutto,

che fanno sulla terra frutto con il seme, ciascuno secondo la propria specie».

E così avvenne.

E la terra produsse germogli, erbe che producono seme, ciascuna secondo la propria

specie, e alberi che fanno ciascuno frutto con il seme, secondo la propria specie.

Dio vide che era cosa buona. E fu sera e fu mattina: terzo giorno.

Dio disse: «Ci siano fonti di luce nel firmamento del cielo, per separare il giorno

dalla notte; siano segni per le feste, per i giorni e per gli anni e siano fonti di luce

nel firmamento del cielo per illuminare la terra».

E così avvenne.

E Dio fece le due fonti di luce grandi: la fonte di luce maggiore per governare

il giorno e la fonte di luce minore per governare la notte, e le stelle.

Dio le pose nel firmamento del cielo per illuminare la terra e per governare

il giorno e la notte e per separare la luce dalle tenebre.

Dio vide che era cosa buona.

E fu sera e fu mattina: quarto giorno.

Dio disse: «Le acque brùlichino di esseri viventi e uccelli volino sopra

la terra, davanti al firmamento del cielo».

Dio creò i grandi mostri marini e tutti gli esseri viventi che guizzano e brùlicano

nelle acque, secondo la loro specie, e tutti gli uccelli alati, secondo la loro specie.

Dio vide che era cosa buona.

Dio li benedisse: «Siate fecondi e moltiplicatevi e riempite le acque dei mari;

gli uccelli si moltìplichino sulla terra».

E fu sera e fu mattina: quinto giorno.

Dio disse: «La terra produca esseri viventi secondo la loro specie: bestiame,

rettili e animali selvatici, secondo la loro specie».

E così avvenne.

Dio fece gli animali selvatici, secondo la loro specie, il bestiame, secondo la

propria specie, e tutti i rettili del suolo, secondo la loro specie.

Dio vide che era cosa buona.

Dio disse: «Facciamo l’uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza:

dòmini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutti gli

animali selvatici e su tutti i rettili che strisciano sulla terra».

E Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò:

maschio e femmina li creò.

Dio li benedisse e Dio disse loro: «Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la

terra e soggiogatela, dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su

ogni essere vivente che striscia sulla terra».

Dio disse: «Ecco, io vi do ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra,

e ogni albero fruttifero che produce seme: saranno il vostro cibo.

A tutti gli animali selvatici, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli esseri che

strisciano sulla terra e nei quali è alito di vita, io do in cibo ogni erba verde».

E così avvenne.

Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona.

E fu sera e fu mattina: sesto giorno.

Così furono portati a compimento il cielo e la terra e tutte le loro schiere.

Dio, nel settimo giorno, portò a compimento il lavoro che aveva fatto e cessò

nel settimo giorno da ogni suo lavoro che aveva fatto.

Parola di Dio.

Seconda lettura.

Cristo risorto dai morti non muore più.

Dalla lettera di S. Paolo Apostolo ai Romani (6, 3-11)

Fratelli, non sapete che quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati

battezzati nella sua morte?

Per mezzo del battesimo dunque siamo stati sepolti insieme a lui nella morte affinché,

come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi

possiamo camminare in una vita nuova.

Se infatti siamo stati intimamente uniti a lui a somiglianza della sua morte, lo saremo

anche a somiglianza della sua risurrezione.

Lo sappiamo: l’uomo vecchio che è in noi è stato crocifisso con lui, affinché fosse reso

inefficace questo corpo di peccato, e noi non fossimo più schiavi del peccato.

Infatti chi è morto, è liberato dal peccato.

Ma se siamo morti con Cristo, crediamo che anche vivremo con lui, sapendo che

Cristo, risorto dai morti, non muore più; la morte non ha più potere su di lui.

Infatti egli morì, e morì per il peccato una volta per tutte; ora invece vive, e vive per Dio.

Così anche voi consideratevi morti al peccato, ma viventi per Dio, in Cristo Gesù.

Parola di Dio.

Vangelo.

Gesù Nazareno, il crocifisso, è risorto.

Dal Vangelo secondo Marco (16,1-7) anno B.

Passato il sabato, Maria di Màgdala, Maria di Giacomo e Salome comprarono

oli aromatici per andare ad ungerlo.

Di buon mattino, il primo giorno della settimana, vennero al sepolcro al levare del sole.

Dicevano tra loro: «Chi ci farà rotolare via la pietra dall'ingresso del sepolcro?».

Alzando lo sguardo, osservarono che la pietra era già stata fatta rotolare, benché

fosse molto grande.

Entrate nel sepolcro, videro un giovane, seduto sulla destra, vestito d'una

veste bianca, ed ebbero paura.

Ma egli disse loro: «Non abbiate paura!

Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso.

È risorto, non è qui.

Ecco il luogo dove l'avevano posto.

Ma andate, dite ai suoi discepoli e a Pietro: "Egli vi precede in Galilea.

Là lo vedrete, come vi ha detto».

Parola del Signore.

Meditazione personale sul Vangelo di oggi.

Ora cercheremo di capire con l’aiuto degli Evangelisti, cosa è accaduto dopo il

famoso sabato, in cui Gesù è rimasto rinchiuso nel sepolcro, i racconti si

differenziano tra di loro, per questo ve li propongo tutti e quattro, commentandoli

in modo da capire il loro stato d’animo, e magari anche il nostro.

Il dolore da superare.

Perché cercate tra i morti il vivente?

Vero, troppe persone pensano a Dio come a un cadavere, troppi cristiano si

avvicinano alla fede come si entra in un cimitero; con gran rispetto e in silenzio, lo

sguardo raccolto e meditabondo, ma col desiderio di uscirne il più in fretta possibile.

L’angelo è visibilmente irritato da quell’atteggiamento, come vedremo anche in Matteo.

Gesù è vivo, inutile cercarlo nella tomba; Gesù ormai ha superato ogni dolore,

Egli è altrove, presente.

La sua morte dolorosa e violenta è alle spalle, non solo superata, ma dimenticata.

Perché Gesù è morto?

Conosco molte persone devote a Gesù in croce; la meditazione della passione,

nei secoli, ha suscitato grandi conversioni, profonde riflessioni; nella croce

troviamo la rivelazione definitiva e inequivocabile del vero volto di Dio.

Il cuore della riflessione è; perché mai Gesù è morto?

Qual’è la ragione ultima della morte di Gesù?

I nostri peccati? Una congiura politica?

Una tragica incomprensione?

Intorno a queste domande ruota tutta la nostra fede.

Gesù viene a svelare il vero volto di Dio, il volto del Padre.

Questo evento è l’ultimo tassello di un’entusiasmante e originale storia d’amore

fra Dio e il suo popolo, storia vissuta in prima persona da Israele, tra alti e bassi.

Un Dio che si racconta, che entra in relazione, che ama, che sostituisce

quell’immagine innata e oscura della divinità che portiamo nell’inconscio.

Questa relazione vive momenti esaltanti (da Abramo, attraverso Mosè e Davide,

fino ai profeti), e momenti deprimenti, caratterizzati dalla fatica dell’uomo

a restare fedele all’immagine che Dio svela di sé attraverso i profeti.

Stanco di questo, Dio diventa uomo.

Gesù è il vero volto di Dio, il raccontatore del Padre.

Lo racconta con la sua vita, la sua serena Parola, le sue vibranti provocazioni.

Gesù sceglie, all’inizio della sua missione, nel deserto di Giuda, quale messia diventare.

Il demonio, con arguto buon senso, lo invita a usare la forza, lo stupore, il miracolo,

l’alleanza col potere, per essere efficace (Matteo 4,1).

Ha ragione, in fondo; se Gesù avesse galleggiato nel vuoto sorretto

da angeli, non sarebbe forse stato riconosciuto come Messia?

Invece no, Gesù sceglie di essere un Messia di basso profilo, un Dio sottotono, mediocre.

Non userà la forza, né compirà prodigi eclatanti, non userà le armi della seduzione,

rifiuterà i trucchi del politico, (quanto servirebbe che fosse qui, ora, per insegnare

ai nostri politici come si fa ad amare il popolo che li hanno votati!).

Perché Dio vuole essere amato per ciò che è, perché “è”, e non per ciò che dà.

Gesù difende il Padre contro la visione meschina e approssimativa che ne abbiamo.

Ma non bastano i miracoli (ambigui), né la tenerezza (fragile), né la predicazione

(controversa) degli anni di vita pubblica.

Gesù arriva alla fine dei suoi intensi tre anni con un pugno di mosce in mano,

l’umanità non ha capito; noi non abbiamo capito.

I suoi discepoli, preziosi e amati, sono fermi alla contraddizione del potere e della

gloria e, inchiodati al proprio (evidente) limite; i capi religiosi ne avvertono la

forza destabilizzante; la folla e noi, segue e seguiamo, il vento della moda.

Gesù non ha alcuna possibilità di farcela, la sua scommessa è persa.

Non è servito, non è bastato, non è sufficiente tutto l’amore che ha donato.

Forse aveva ragione l’avversario, là nel deserto; troppo ingenuo questo

modo di operare.

Davvero Dio pensava di trattare gli uomini alla pari?

Di aprire il loro cuore col sorriso?

Di presentarsi vulnerabile?

La scelta da fare, ormai, è una sola; andarsene, rinunciare, gettare la spugna.

Occuparsi-chissà-di un altro mondo. Oppure!

Oppure lasciarsi travolgere, sparire e morire.

Lasciare che le tenebre vincano, lasciare che le cose prendano la loro piega, osare.

Osare fino a morire appeso a una croce, fino all’eccesso.

Altro è dire: “Dio vi ama!” altro è morire.

Altro dire: “Il Padre vi perdona!”, altro pendere, nudo, da un palo.

Una cosa parlare, un’altra morire.  Urlando.

Una cosa predicare, un’altra vivere fino in fondo ciò che si è predicato.

Capiranno gli uomini?

O Dio sarà uno dei tanti sconfitti della storia, dimenticati?

La posta in gioco è immensa; l’esistenza stessa di Dio.

Quanti crocifissi sono morti nella storia antica?  Tantissimi!

Di quanti di loro ricordiamo il nome e la vita?  Di nessuno.

Il rischio che Dio corre in quell’ultimo gesto, è quello di scomparire per sempre.

L’uomo avrebbe continuato a immaginarsi Dio con un volto identico ai propri

desideri e alle proprie paure.

Gesù accetta, rischia, si dona.

Forse sarà tutto inutile, come insinua l’avversario nell’orto degli ulivi. Forse.

L’agonia di Gesù, nell’orto degli ulivi, l’agonia che lo fa sudare sangue,

è tutta lì, in quella scelta.

Non nel dolore che Gesù deve affrontare, non nel senso di abbandono da

parte dei suoi, no.

Francamente, conosco persone che hanno sofferto molto più a lungo di Gesù.

Io credo che il dolore, inaudito, che Gesù prova, nasca dal dubbio dell’inutilità

della sua scelta definitiva.

L’avversario, che torna adesso che è giunta l’ora, cerca di scoraggiarlo: “Tutto inutile”.

Inutile; non vedi che ti stanno venendo a prendere per arrestarti?

Inutile; i tuoi stanno dormendo, non hanno capito la gravità della situazione.

Inutile; l’uomo non cambierà mai.

Gesù accetta, corre il rischio, si dona.  Morirà.

Lì, appeso alla croce, Dio è evidente, inequivocabile, non vi è alcuna possibilità di ambiguità.

Il cuore della passione di Cristo è l’amore, non la violenza.

Gesù muore affidando al Padre il proprio cuore, e donando a noi il suo Spirito.

Dio è evidente; osteso, mostrato, nudo.

Dio è così, amici; arreso.

A noi, ora, la prossima mossa.

Ma Gesù, è ancora morto?

Risorto, Gesù è vivo!

Le donne sprecano il loro tempo nel cercare Gesù per imbalsamarlo.

Meditare la passione può davvero suscitare la fede.

La meditazione sull’amore che ne emerge, sul volto di un Dio che muore per

amore, ha convertito più di un cuore, compreso il mio.

Ma, ahimè, non è questa la sola ragione della nostra devozione al crocifisso.

Amiamo il crocifisso, ne siamo coinvolti, turbati, perché tutti abbiamo una ragione

per essere tristi, tutti abbiamo una sofferenza da condividere.

Ma condividere la gioia è un altro paio di maniche!

Quando incontro qualcuno per strada e mi chiede: “Come va?”, se dico: “Non molto

bene, ho avuto una brutta influenza, sono stato dieci giorni a letto”, abitualmente

la risposta è: “Anche a me è successo! Sapessi!”.

Se invece rispondo: “Benissimo, è un periodo fantastico”, ricevo come risposta un

affrettato sorriso.

È più difficile gioire per la gioia di un altro, che soffrire per la sua sofferenza.

Perciò, molte volte, la nostra devozione al Crocifisso è, in realtà, una devozione

alla nostra sofferenza proiettata su Dio.

Non ce l’ho con gli ammalati, ci mancherebbe, rispetto il loro dolore.

Parlo per tutti noi, di tutti gli altri, di tutti coloro che si ostinano a cercare un

crocifisso, non il Risorto!

Se cerchiamo Gesù morto, amici, sbagliamo indirizzo clamorosamente.

Mi chiedo se l’assenza di Dio, che troppe volte lamentiamo, non sia legata al fatto

che cerchiamo un Dio morto e non un vivente.

Ci rivolgiamo a Dio, nella stragrande maggioranza delle volte, in caso di necessità dolorose.

Quasi mai ascolto come preghiera un: “Senti Dio, ho capito che la vita è un tuo dono, mi

sono innamorato di Te, vedo tutto rosa, oggi mi sento finalmente bene, vuoi gioire con me?”.

Troppo spesso il Gesù in cui crediamo è morto, e noi pensiamo di fargli un piacere

portandogli degli unguenti per imbalsamarlo!

Gesù è morto quando lo teniamo fuori dalla nostra vita, morto se resta chiuso nei

tabernacoli delle Chiese senza uscire in strada con noi, morto se la sua Parola non

spacca il mare di ghiaccio che soffoca il nostro cuore.

Morto e sepolto quando la nostra diventa una religione senza fede, un quieto appartenere

alla cultura cristiana senza che il fuoco della sua presenza contagi la nostra e l’altrui

vita; morto se la fede non cambia la economia, la nostra politica; morto quando ci

arrocchiamo nelle nostre posizioni di “cattolici” scordando il nostro essere uomini.

Morto, amici, morto!

No, Gesù non è morto.  È vivo!

Non “rianimato”, non “vivo nel nostro pensiero”, no, veramente risuscitato e presente,

che ci crediamo o no, che ce ne accorgiamo o no.

Da questa consapevolezza nasce la gioia cristiana.

La conversione alla gioia.

La conversione al Risorto è difficile, difficilissima.

Occorre allontanarsi dal proprio dolore.

Condividere la gioia cristiana significa superare il dolore che ci rende tristi.

Non c’è che un modo per superare il dolore; non amarlo, non affezionarvisi.

La gioia cristiana è una tristezza superata.

Ma, resistenze, dubbi, mancanza di fede pesano sul nostro cuore.

Un’esperienza dolorosa nell’infanzia, una serie di eventi che ci hanno deluso,

possono davvero impedirci di entrare nella gioia cristiana, che non è un’emozione,

ma una scelta consapevole.

Le donne, tornate dagli apostoli, non sono credute, e le loro parole “parvero ad

essi come una allucinazione”!

Siamo in buona compagnia, allora, se anche gli apostoli hanno dovuto convertirsi alla gioia!

Voglio ora commentare, la fatica immensa fatta dai Dodici, per staccarsi definitivamente

dal loro dolore e dalla tragica esperienza della croce e del loro fallimento!

E pensare che, per loro, Gesù si farà vedere e li incoraggerà continuamente!

Se hanno tribolato loro, così avvantaggiati!

Animo, cercatori di Dio, la più difficile conversione (dopo quella dal Dio che abbiamo

nella testa al Dio di Gesù) è proprio quella da una visione crocefissa della fede a una risorta!

Gli apostoli dubitano; solo Pietro va a verificare; guarda, stupito, e torna a casa

meravigliato, ma non convinto.

Il verbo usato nella lingua originale, indica insieme stupore e domanda.

È già qualcosa, ma non è ancora fede; non bastano, un sepolcro vuoto e le bende per

suscitare la fede.

Occorre un’esperienza personale del Risorto.

E Pietro ne sa qualcosa!

La pietra che ci impedisce di gioire.

Il protagonista della scena di Matteo, l’unico Evangelista che si mette a descrivere

(maldestramente) l’indescrivibile con tanto di terremoto-e l’angelo.

Adoro quest’angelo, è troppo forte!

Come ve lo immaginate quest’angelo?

Scende, ribalta la pietra che chiude il sepolcro, si stende a prendere il sole sulla pietra,

esegue la sua commissione, poi, con fare da prendere per il sedere, dice: “io ve l’ho

detto”; come a dire: “Non venite a lamentarvi con me, questo dovevo dirvi e questo

vi ho detto, ora sono affari vostri!”.

Sperando di non far vacillare la fede di nessuno, se vi dico che m’immagino

questo angelo diverso dalle rappresentazioni della storia dell’arte.

Ma me lo vedo in jeans e giubbotto di pelle, con un paio di occhiali da sole.

L’angelo con gli occhiali da sole.

Questa trovata è uscita da una bambina, che si stava preparando alla prima comunione,

una Domenica al Santuario dell’Amore Misericordioso qualche anno fa, erano bambini

di una parrocchia vicino a Roma con il loro parroco, io dovevo spiegargli il perché Gesù

è sulla croce, secondo Madre Speranza.

Poi andiamo a visitare il presepe, e davanti alla Crocifissione, sepoltura e Resurrezione

di Gesù, chiedo che qualcuno mi dia un’idea, di quello che stavamo osservando.

Questa bimba mi spiega, vedo una grande luce che emana Gesù dalla Croce,

non lo vedo disperato e moribondo, ma vivo.

Ma una grande luce esce anche dal sepolcro vuoto; è il segno che Gesù non è più li

dentro, perché la pietra era stata ribaltata, altrimenti come faceva ad uscire da solo

Gesù, con tutte quelle bende che gli avevano messo addosso.

E sulla pietra c’è un angelo, lo vedo con i jeans e gli occhiali da sole.

Poi mi dice: “Qui hanno sbagliato qualcosa, perché l’angelo per forza doveva

avere gli occhiali da sole”.

Sono rimasto perplesso; e lei fattasi seria mi dice: “Comunque è vero, gli occhiali

da sole servivano.

C’era un sacco di luce!

Insomma, un angelo scanzonato.

Lo so, siamo abituati a vedere gli angeli dei nostri grandi artisti, ma ci sono anche

gli angeli rapper, per capirci, quelli che vanno in discoteca; (credo lo sappiate che

ognuno di noi ha il suo angelo, compresi i nostri ragazzi, e allora quando loro

vanno in discoteca gli angeli se ne stanno fuori al freddo?

No, entrano anche loro per seguirli da vicino.

Osservate bene la scena.

Gli altri evangelisti ci raccontano che la ragione dell’ansia delle donne è la grossa

pietra posta a sigillo del sepolcro.

Come spostarla?

Una pietra grande, posta proprio per evitare che Gesù uscisse.

Molti di noi abbiamo una pietra che impedisce a Gesù di risuscitare, una pietra

che non riusciamo proprio a spostare, un ostacolo insormontabile, una

considerazione che ci impedisce di gioire, di convertirci alla gioia.

Qual è la tua pietra, qual è la vostra pietra?

Qual’è il vostro dolore nascosto?

Forse un trauma subito da piccoli, forse due genitori che non ti hanno amato

abbastanza, o troppo, forse lo scontro con il tuo limite, una delusione amorosa,

un difetto insormontabile!

Insomma, quella cosa in cui passate il tempo a dire: “Se fosse diverso, allora

sarei felice”, e che vi vela di tristezza anche la gioia più autentica.

Guardatela bene la vostra pietra, misuratene il peso, ammettete che rimuoverla

è al di sopra delle vostre forze.

Insomma, non facciamo come questo mondo idiota in cui viviamo, che ci fa credere

che la pietra non esiste, o ce la fa colorare o decorare coi fiocchi; praticamente te

la nasconde, o ti vende la soluzione del problema.

Non cercate, come viene istintivo, di nascondervi agli altri, di mettervi davanti

qualche ficus benjamin per coprirvi.

No, amici, dobbiamo avere il coraggio di chiamare per nome e cognome l’origine

della nostra insoddisfazione.

Nella fede occorre sempre partire dal reale, dal concreto, anche quando è difficile

da accogliere e da accettare.

La pietra, dunque, è quella situazione che ti sta sullo stomaco, quella fatica che ti

impedisce di gioire, quell’ostacolo (reale), che reputi insormontabile.

Bene; l’angelo la ribalta e ci si stende sopra a prendere il sole.

Non è fantastico?  No, per niente!

Scanzonato di un angelo!

Arrivo lì, con la faccia da Venerdì santo di circostanza, consapevole del mio limite,

triste da far paura…e lui si abbronza disteso proprio sulla mia pietra.

E mi dice: “Scusa, qual’era il problema che t’impediva di gioire?

Quella roba che ti bloccava e ti faceva disperare?

Quella cosa che ti aveva per sempre rovinato la vita?

Questa qui sotto? Sto sasso? Ma dai; non ci credo!”.

Cos’è amici, che vi devo dire?

Ho visto fratelli e sorelle portarsi nel cuore delle ferite insanabili, dei crateri; ho

visto fantasmi orribili girovagare nel loro inconscio; ho visto fratelli e sorelle

incapaci di guarire e di gioire, persi nel delirio dell’eroina o della violenza;

e poi li ho visti ribaltati, loro e le loro pietre. E rinascere.

Non è facile; per rinascere bisogna muoversi, salire al sepolcro delle proprie paure

e del proprio passato, senza illusioni, sapendo che, comunque, le cicatrici della

paura resteranno appiccicate all’anima.

Ma rinascere è possibile.

È possibile, perché, la potenza della resurrezione può davvero contagiare

e guarire una vita.

La tua, la mia, la vostra.  Se volete.

Io ve l’ho detto!

Il messaggio dell’angelo è analogo agli altri evangelisti: “Gesù è vivo, piantatela

di piangere, riferite agli altri di darsi una sveglia”.

Poi la conclusione: “Io ve l’ho detto”.

Probabilmente, Dio Padre ha mandato per quest’annuncio uno degli angeli più

esperti del mestiere; perciò l’angelo è così pessimista!

Frequentare gli umani provoca, negli angeli, una reazione nervosa, suscitata dalla

risposta ottusa e dal dubbio di noi uomini, atteggiamenti che fanno fatica a capire.

Solo per restare nell’ambito del Vangelo, pensate al povero Zaccaria, papà di

Giovanni Battista, che a causa di un leggerissimo ritardo nella risposta

(andatevi a leggere Luca 1,5-25), si è ritrovato muto per nove mesi.

Quindi, se vi capitasse di incrociare un angelo nella vita, imparate da

Maria (Luca 1,26-38), per non correre il rischio di fare brutte figure,

e per non suscitare una rispostaccia da parte dell’angelo.

Dicevamo; l’angelo è abbastanza abituato ad avere a che fare con noi umani, conosce

i nostri limiti, la mancanza di fede, il dubbio e le lentezze nella risposta.

Perciò, dopo avere fatto la sua bella commissione, l’angelo declina ogni

responsabilità riguardo all’atteggiamento delle donne.

Questo spesso accade, nella vita!

Dio ci indica la strada, condivide i suoi sogni, ci mette a parte dei suoi progetti

e noi niente, nulla, encefalo piatto, incredulità a mille!

Insomma; anche Dio fa quel che può.

Avendo avuto la geniale e discutibile idea di crearci liberi, Egli si trova il più

delle volte, di fronte ad una risposta contorta e dubbiosa.

Che sia questo malfunzionamento della comunicazione all’origine di tante

incomprensioni con Dio?

Se le donne fossero state zitte (poco probabile) o i destinatari del messaggio,

emeriti maschilisti (come dice due volte Luca), non avessero dato loro retta,

che cosa avrebbe potuto fare di più, Dio?

Ora amici, facciamo uno scoop giornalistico!

Ovvio, scontato, dovuto.

Figuriamoci se non dovevano intorbidire le acque già così torbide.

Gesù vivo? Ma siete scemi?

Andiamo, uomini del luminoso ventunesimo secolo, che andate massicciamente

dai cartomanti e leggete l’oroscopo, ma considerate pie leggende tutto ciò

che riguarda Dio!

Gesù non è risorto. Nooo!

Rianimato (il freddo della roccia pare), rubato dagli apostoli (può essere; se li

beccano li ammazzano, sono tutti dei conigli, li vedete combattere coi soldati

per riprendersi un cadavere?..., io sinceramente no, ripresosi e andato in giro

in India a fare il guru, visto l’aria che tira in Palestina, vivo, sì, ma nei nostri

ricordi e nelle nostre nostalgie.

Insomma; se volete smontare il cristianesimo, negate la resurrezione.

Potete farlo, lo fanno in molti, lo hanno fatto un quarto d’ora dopo la resurrezione.

Matteo, che scrive questa pagina forse trent’anni dopo gli eventi, dice che quella

diceria si era diffusa fino a quei tempi.

Tenerissimo, Matteo!

La diceria si è diffusa fino ad oggi, e lo resterà nei secoli!

Perché la resurrezione è questione di fede, non è evidente, mettiamocelo in testa.

Se credete, credete alla testimonianza degli apostoli, delle donne, di chi c’era e

ha trovato una tomba vuota, nulla di più.

Gesù è davvero risorto, che ce ne accorgiamo o no, che lo vogliamo o no, che lo

crediamo o no.

Il problema non è Lui.

Siamo noi, e la nostra poca fede.

È un percorso, certo, e invito tutti a farlo.

Convertiti dall’evidenza?

D’altronde è l’evidenza che converte, non la prova, non il miracolo.

Gesù ha sempre usato con parsimonia il miracolo, conoscendone l’implicita ambiguità,

e quando lo ha usato era sempre come sigillo di una Parola detta, come una conferma

autorevole di una buona notizia o buona novella.

Ricordate la resurrezione di Lazzaro (Giovanni 11,1-44)?

Davanti all’evento strepitoso della resurrezione di un uomo palesemente morto

e un pò decomposto, davanti al miracolo dei miracoli, testimoniato da centinaia

di testimoni esterrefatti, alcuni si pigliano la briga di farsi quattro chilometri di

strada da Betania a Gerusalemme, per andare a denunciare Gesù.

No, non è vero che necessitiamo di prove, di evidenza.

La vita è solo in parte evidenza. La vita è mistero.

Mistero l’amore, il dolore, la noia, la rabbia, mistero la gioia, l’amicizia, lo stupore.

Esiste sempre una dimensione che ci sfugge, pur possedendola.

Come se ci trovassimo a nuotare in un oceano; vi siamo immersi, ne siamo attorniati,

eppure ci sfugge nella sua immensità, nella sua pienezza!

È la fede, la porta di questa dimensione.

Perciò, a parte il tentativo maldestro di Matteo, i discepoli si guardano bene

dal descrivere l’evento della resurrezione.

C’è il dopo, fatto di segni, che coinvolgono l’intelligenza, che interrogano,

che suscitano la fede, ma che non sono evidenti.

Non è di prove che abbiamo bisogno, ma di fede, e di testimoni credibili, che

vivono quel Risorto, che-dicono-ha loro incendiato il cuore.

Siamo sinceri; il nostro approccio alla fede è nell’ordine dell’emotività, se va bene,

e il più delle volte del pregiudizio.

Occorre ribadirlo; la fede cristiana non è frutto della ragione, è e resta

esperienza misteriosa e personale.

Ma, è ragionevole.

Abituati alle soluzioni spicce, a prendere il riassunto dell’editorialista di turno,

non abbiamo più il coraggio della ricerca, la fatica dello scrutare, non abbiamo

più tempo per riflettere, indagare, leggere o ascoltare.

Dobbiamo produrre e consumare.

E così perdiamo la tenerezza di Dio.

Dio è accessibile, evidente, incontrabile.

Ma non è banale, non scontato, non infantile.

Incontrare Dio richiede intelligenza, fatica, disponibilità, ragionevolezza.

Ci vuole un cuore trasparente per poterlo vedere, un desiderio limpido per

poterne assaporare l’immensità.

Animo amici! Coraggio, cercatori di Dio.

Oggi essere discepoli richiede la fatica della ricerca, l’ardire della conoscenza.

Non accontentiamoci del “sentito dire”, non andiamo dietro alla massa beota dei

pregiudizi, informiamoci, chiediamo, leggiamo, dedichiamo tempo ad approfondire

l’aspetto storico e ragionevole della nostra fede; studiamoli questi Vangeli, non con

la curiosità del turista, ma con la passione dell’esploratore.

Il nostro mondo ha bisogno di cristiani motivati, preparati, uomini di fede e di cultura che

vadano al sepolcro di persona, senza dar retta ai soldati di ventura, o ai profeti di sventura.

Solo davanti ad un sepolcro vuoto, possiamo capire la grandezza della resurrezione,

solo lì, possiamo capire la grandezza dell’Amore Misericordioso del Signore.

Santa Pasqua dal profondo del mio cuore, amici, che l’Amore e la Misericordia di Gesù,

possano riempire la vostra vita e le vostre famiglie, Fausto.

Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il

tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la tua

volontà come in cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano, rimetti a

noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri

debitori, e non ci indurre in tentazione,

ma liberaci dal male. Amen.

Ave, o Maria, piena di grazia, il Signore è con te.
Tu sei benedetta fra le donne e benedetto il frutto

del tuo seno, Gesù.
Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi peccatori,
adesso e nell'ora della nostra morte. Amen.
Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo.

Come era nel principio, ora, e sempre,

nei secoli dei secoli. Amen.

Buona Pasqua, Fausto.

Nessun commento:

Posta un commento