sabato 12 dicembre 2020

Il Vangelo di Domenica 13 Dicembre 2020

 

Della 3° Domenica di Avvento.

Santa Lucia, Vergine e Martire.

Prima lettura dal libro del profeta Isaìa (61,1-2.10-11)

Lo spirito del Signore Dio è su di me, perché il Signore mi ha consacrato con

l'unzione; mi ha mandato a portare il lieto annuncio ai miseri, a fasciare le piaghe

dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei

prigionieri, a promulgare l'anno di grazia del Signore.

Io gioisco pienamente nel Signore, la mia anima esulta nel mio Dio, perché mi

ha rivestito delle vesti della salvezza,

mi ha avvolto con il mantello della giustizia, come uno sposo si mette il diadema

e come una sposa si adorna di gioielli.

Poiché, come la terra produce i suoi germogli e come un giardino fa germogliare i suoi

semi, così il Signore Dio farà germogliare la giustizia e la lode davanti a tutte le genti.

Parola di Dio.

Seconda lettura dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicési (5,16-24)

Fratelli, siate sempre lieti, pregate ininterrottamente, in ogni cosa rendete

grazie: questa infatti è volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi.

Non spegnete lo Spirito, non disprezzate le profezie.

Vagliate ogni cosa e tenete ciò che è buono.

Astenetevi da ogni specie di male.

Il Dio della pace vi santifichi interamente, e tutta la vostra persona, spirito, anima

e corpo, si conservi irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo.

Degno di fede è colui che vi chiama: egli farà tutto questo!

Parola di Dio.

Dal Vangelo secondo Giovanni (1,6-8.19-28) anno B.

Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni.

Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti

credessero per mezzo di lui.

Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce.

Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da

Gerusalemme sacerdoti e levìti a interrogarlo: «Tu, chi sei?».

Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo».

Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elia?». «Non lo sono»,

disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. Gli dissero allora: «Chi sei?

Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato.

Che cosa dici di te stesso?».

Rispose: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del

Signore, come disse il profeta Isaìa».

Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei. Essi lo interrogarono e gli

dissero: «Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?».

Giovanni rispose loro: «Io battezzo nell'acqua.

In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me:

a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo».

Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.

Parola del Signore.

Meditazione personale sul Vangelo di oggi.

Un nuovo inizio, una nuova Creazione, anche se abbiamo alle spalle

molti Natali, forse troppi.

Anche se questo Natale cadrà ancora in un clima di sfiducia e di crisi economica,

di restrizioni a causa del covid e di un governo incapace di governare e, Dio

non voglia, di sottile disincanto e rassegnazione.

Perciò dobbiamo stare svegli, reagire, non lasciarci travolgere, non addormentarci.

Sarebbe un bel guaio, una catastrofe, per dirla tutta.

Persone come Giovanni ci scuotono, come un pugno in pieno volto.

Anche lui è una sorpresa, una delle tante che Dio ci riserva, un modo inatteso e diretto

per scuoterci dalle nostre mille abitudini, dal nostro cristianesimo che rischia di irrancidire.

Questo ci è chiesto; destarci dal sonno.

Ritrovare l’anima e osare, osare, osare.

Per farlo, però, ci è chiesta una cosa sola; non confidare nei progetti degli uomini,

lasciare spazio (anche come scelta, se necessario) alla gioia.

E, soprattutto, essere autentici.

Il lamento del popolo in esilio in Babilonia è stato ascoltato.

Dio ha squarciato i cieli ed è sceso.

La profezia si è avverata; sono i persiani, ora, a dominare la scena politica;

i babilonesi sono sconfitti e gli ebrei liberati, dopo settant’anni di deportazione.

Il rientro a casa è difficile e pieno di pericoli ma, la cosa peggiore, è che a

Gerusalemme nessuno più si ricorda di loro.

I deportati vengono confinati ai margini della città, sull’altura di Sion, le loro

terre sono ormai coltivate da altri, ebrei senza scrupoli approfittano della crisi

finanziaria(! Quanto assomigliamo a loro!) per prestare a tassi di usura e

un’inattesa carestia porta alle soglie della morte gli scampati.

Dio ha squarciato il cielo ed è sceso.

Gli uomini hanno chiuso agli uomini la terra.

Sopravvissuti alla prigionia, i deportati ora rischiano di morire di stenti nella

città che li ha dimenticati.

E Isaia, il cosiddetto terzo Isaia, profetizza e invita tutti alla gioia.

Approfittare della crisi per cercare la gioia altrove, oltre, in alto.

Vi ricorda qualcosa?

La gioia dell’altrove che mi permette di vivere il dolore presente con fiducia

nasce dalla preghiera, afferma Paolo scrivendo ai Tessalonicesi.

Un preghiera che non è l’insistente richiesta di risoluzione dei problemi, ma

l’abbandono fiducioso in chi può darmi la forza per affrontare ogni notte, ogni dolore.

È possibile prepararsi al Natale nonostante la grande fatica che stiamo sperimentando.

È possibile vivere con una gioia che nasce dalla fede ed è nutrita, nello Spirito,

dalla preghiera.

Cristo nasce nei nostri cuori, se lo desideriamo.

Lo incontriamo vegliando su noi stessi, lasciando che l’interiorità riprenda il suo

spazio nelle nostre vite travolte dagli affanni.

Ma esiste una condizione, semplice.

Per poter accogliere Dio che nasce, dobbiamo camminare verso l’autenticità.

Chi sei?

Giovanni riceve la visita degli inviati del Sinedrio che si interrogano, loro,

i detentori del potere a proposito di questo strano personaggio che non si spaventa

neppure di fronte alle autorità religiose, che non ne enfatizza il ruolo, che tira

diritto per la sua accidentata strada.

«Chi sei?», chiedono.

Giovanni è chiaro; lui non è il Cristo.

Potrebbe pensarlo; gli altri lo pensano di lui (bisognosi come siamo di Cristi).

Potrebbe approfittarne, cedere alla più subdola delle tentazioni, quella del delirio

di onnipotenza.

No, dice Giovanni, lui non si prende per Dio.

Anche lui, come i penitenti, ne è disperatamente alla ricerca…

Giovanni ci ammonisce; solo riconoscendo il proprio limite, che è opportunità e non

mortificazione, possiamo diventare liberi per accogliere il Dio fragile che nasce.

Solo riconoscendo che non abbiamo in noi tutte le risposte, possiamo metterci alla ricerca.

Solo entrando nel profondo di noi stessi possiamo trovare la nostra vera identità in Dio.

«Chi sei, allora?». Chi siamo, allora? Chi sono?

La logica mondana dice; sei ciò che produci, sei ciò che appari, sei ciò che guadagni,

sei ciò che guidi, sei ciò che conti, sei quanto urli.

Giovanni sa che non è così, che è illusoria e menzognera questa logica, che, mai,

siamo ciò che possediamo o facciamo.

Giovanni ha pensato e ha capito, l’attesa spasmodica di un messia hanno creato

dentro di lui uno spazio che saprà riconoscerlo e riconoscersi.

«Chi sei, allora?». Un mistico? Un provocatore? Un guru?

No, egli è voce.

Voce, voce prestata ad una Parola, voce che amplifica un’idea non sua, voce,

che fa riecheggiare un’intuizione di cui anch’egli è debitore.

Poco, vero? O tutto?

Ci immaginiamo sempre di essere dei grandi, di compiere (o scrivere) cose memorabili,

di restare nella storia o, perlomeno, nella piccola storia delle persone che amiamo.

Dio ci svela cosa siamo in profondità e, mi ha chiesto di essere un innamorato della sua Parola.

E tu, amico, cosa sei? Cosa dici di te stesso?

Forse sei pazienza, o attesa, o sorriso, o perdono, o sogno, o inquietudine.

Contrariamente alla falsa idea del cattolicesimo che mortifica e castra le ambizioni

degli uomini (“Se Dio c’è io sono fregato”, pensa Erode), il Vangelo ci svela un Dio

che ci aiuta a cogliere la verità di noi stessi.

E di me, amici, mi dico che sono sogno, sogno nella Parola del Dio di Gesù.

Sognate anche voi amici, il sogno è gratuito e ci dona la serenità e la pace,

santa 3° Domenica di Avvento a tutti voi, Fausto.

 

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