sabato 11 luglio 2020

Il Vangelo di Domenica 12 Luglio 2020


Della 15° Domenica del Tempo Ordinario.
San Giovanni Gualberto, Abate.
Prima lettura dal libro del profeta Isaìa (55,10-11)
Così dice il Signore: «Come la pioggia e la neve scendono dal cielo e non
vi ritornano senza avere irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta
germogliare, perché dia il seme a chi semina e il pane a chi mangia, così
sarà della mia parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto,
senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l'ho mandata».
Parola di Dio.
Seconda lettura dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani (8,18-23)
Fratelli, ritengo che le sofferenze del tempo presente non siano paragonabili
alla gloria futura che sarà rivelata in noi.
L'ardente aspettativa della creazione, infatti, è protesa verso la rivelazione
dei figli di Dio.
La creazione infatti è stata sottoposta alla caducità-non per sua volontà,
ma per volontà di colui che l'ha sottoposta-nella speranza che anche la stessa
creazione sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella
libertà della gloria dei figli di Dio.
Sappiamo infatti che tutta insieme la creazione geme e soffre le doglie
del parto fino ad oggi.
Non solo, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo
interiormente aspettando l'adozione a figli, la redenzione del nostro corpo.
Parola di Dio.
Dal Vangelo secondo Matteo (13,1-23) anno A
Quel giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare.
Si radunò attorno a lui tanta folla che egli salì su una barca e si mise a sedere,
mentre tutta la folla stava sulla spiaggia.
Egli parlò loro di molte cose con parabole.
E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare.
Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono.
Un'altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c'era molta terra; germogliò
subito, perché il terreno non era profondo, ma quando spuntò il sole fu bruciata
e, non avendo radici, seccò.
Un'altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono.
Un'altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno.
Chi ha orecchi, ascolti».
Gli si avvicinarono allora i discepoli e gli dissero: «Perché a loro parli con parabole?».
Egli rispose loro: «Perché a voi è dato conoscere i misteri del regno dei cieli,
ma a loro non è dato.
Infatti a colui che ha, verrà dato e sarà nell'abbondanza; ma a colui che non ha,
sarà tolto anche quello che ha.
Per questo a loro parlo con parabole: perché guardando non vedono, udendo
non ascoltano e non comprendono.
Così si compie per loro la profezia di Isaìa che dice: "Udrete, sì, ma non
comprenderete, guarderete, sì, ma non vedrete.
Perché il cuore di questo popolo è diventato insensibile, sono diventati
duri di orecchi e hanno chiuso gli occhi,
perché non vedano con gli occhi, non ascoltino con gli orecchi e non
comprendano con il cuore e non si convertano e io li guarisca!".
Beati invece i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano.
In verità io vi dico: molti profeti e molti giusti hanno desiderato vedere ciò che voi
guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono!
Voi dunque ascoltate la parabola del seminatore.
Ogni volta che uno ascolta la parola del Regno e non la comprende, viene
il Maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme
seminato lungo la strada.
Quello che è stato seminato sul terreno sassoso è colui che ascolta la Parola
e l'accoglie subito con gioia, ma non ha in sé radici ed è incostante, sicché,
appena giunge una tribolazione o una persecuzione a causa della Parola,
egli subito viene meno.
Quello seminato tra i rovi è colui che ascolta la Parola, ma la preoccupazione
del mondo e la seduzione della ricchezza soffocano la Parola ed essa non dà frutto.
Quello seminato sul terreno buono è colui che ascolta la Parola e la comprende;
questi dà frutto e produce il cento, il sessanta, il trenta per uno».
Parola del Signore.
Meditazione personale sul Vangelo di oggi.
Nel cuore dell’estate parliamo della Parola.
Parola che riempie, che scuote, che converte, che rianima, che scrolla, che consola.
Parola che penetra come una spada a doppio taglio fino nelle profondità di noi
stessi, fino negli abissi dei cuori, per giudicare e illuminare, per svelarci il vero
volto di Dio, per svelarci a noi stessi.
Parola che ascoltiamo tutte le domeniche, che ho fatto diventare mia luce, mio
modello di vita, che spezzo da questo mio profilo a molti curiosi e discepoli.
Parola solennemente riconsegnata al popolo di Dio dopo il Concilio ma che,
purtroppo, ancora resta sconosciuta ai più, anche ai credenti, anche ai cristiani.
Sconforta vedere così tante persone ignorare i Vangeli e seguire la profezia
dell’ultimo veggente di turno, rattrista ascoltare tante prediche che parlano di
tutto, fuorché commentare la Parola solennemente proclamata, inquieta vedere
la Chiesa citata per le sue impopolari posizioni etiche e non leggerla mai quando,
fedele al mandato ricevuto dal Signore, proclama la Buona notizia.
All’inizio dell’estate la Parola riflette sulla Parola, per ricordarci che Dio non
si stanca di noi, che l’efficacia delle sue parole non sono determinate dalla
nostra capacità di ripeterle, ma di accoglierle.
Isaia, il terzo Isaia, parla allo scoraggiato popolo di Israele profugo in Babilonia.
Sono passati molti decenni dalle promesse di ritorno fatte dal profeta Ezechiele,
nessuno pensa seriamente che si possa tornare a Gerusalemme, ormai.
La profezia, allora, si alza con fermezza; la pioggia e la neve fecondano la terra
e tornano in cielo solo dopo avere compiuto la propria missione.
Così sarà della Parola di Dio.
Certo; i tempi di Dio non sono i nostri, ma l’efficacia delle sue promesse è indiscutibile.
Isaia invita anche noi, esiliati dal Regno di Dio, a non scoraggiarci in questi tempi
difficili, frustrati dalla pandemia, ma a perseverare nella lettura e nella meditazione
quotidiana del Vangelo.
Forse la Parola che studiamo e ascoltiamo, che approfondiamo e preghiamo,
al momento, non ci dice nulla.
Ma, credetemi, l’ho sperimentato cento volte, una Parola accolta nel cuore
torna alla mente quando meno ce lo aspettiamo.
È efficace la Parola di Dio, ma se non la conosciamo, se la ignoriamo,
se la lasciamo accanto alle tante, troppe parole umane, non può fecondare
il nostro cuore e portare frutto.
La parabola del seminatore è una delle pochissime ad essere spiegata
direttamente dal Signore.
Che ne parla in un momento non semplice della sua missione, in cui davvero
ha la triste impressione che le sue parole siano travisate o scordate.
È una parabola dai tratti cupi, problematici, davvero sembra che l’efficacia
della sua predicazione sia sconfitta dalle distrazioni, dalle preoccupazioni,
dall’opera dell’avversario.
Ma la cosa che stupisce è che, nonostante questo, il padrone getti il seme
con abbondanza.
Anche sulle pietre, anche fra i cespugli.
È la memoria della tecnica di semina dell’epoca in cui prima si gettava il seme
e dopo si mischiava alla zolla con l’aratro.
Ma quello che resta di questa immagine è l’ottimismo di Dio che continua a
seminare la sua Parola in questo mondo che ci soffoca di parole, tante, troppe,
che la relega a testimonianza di una religiosità arcaica e popolare, come se
fossero parole inutili, che fanno sorridere per la loro disarmante ingenuità.
No, la Parola non è affatto ingenua e continua a illuminare, anche se cade sulla pietra.
Non ditelo a me!
Quante volte ho visto crescere degli imponenti larici in cima ad un masso di
granito, quante volte ho assistito allo spettacolo emozionante delle radici che
letteralmente spaccano in due la pietra più compatta d’Europa!
Ha ragione il Maestro quando dice che spesso la Parola è portata via dal nemico.
Un esempio?
Quale vangelo abbiamo letto domenica scorsa?
Ci vuole ostinazione e costanza per ricordarci della Parola e qualche trucco da
discepoli navigati (io tengo il Vangelo del giorno sotto il cuscino!).
Ha ragione quando dice che, spesso, la Parola deve fare i conti con le
preoccupazioni e le ansie della vita.
Quante persone cadono dalle nuvole quando cerco di illuminare le loro scelte con
le parole del Signore e mi rispondono, candidamente, che la vita è un’altra cosa!
Ma, grazie al cielo, la Parola porta anche frutto, e in abbondanza.
Porta frutto in chi, leggendo la parabola, si è riconosciuto nei terreni duri e sassosi.
Porta frutto in chi, con sofferenza, deve ammettere che troppo spesso la Parola
ascoltata è rubata o soffocata dalla vita.
Perché il suo dolore manifesta il desiderio di custodirla, quella Parola, di farla
crescere.
E quel desiderio è il terreno giusto.
Anch’io amici, mi lamento a volte quando vengo apostrofato sul mio profilo per
quello che scrivo, pazienza, intanto, anche se da fastidio, comunque lo hai letto;
poi non si sa mai che possa succedere qualche conversione.
Buona Domenica con la mia semina, amici, a voi raccoglierla Fausto.



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