sabato 20 luglio 2019

Il Vangelo di Domenica 21 Luglio 2019


Della 16° Domenica del Tempo Ordinario.
1° Lettura dal libro della Gènesi (18,1-10a)
In quei giorni, il Signore apparve ad Abramo alle Querce di Mamre, mentre
egli sedeva all’ingresso della tenda nell’ora più calda del giorno.
Egli alzò gli occhi e vide che tre uomini stavano in piedi presso di lui.
Appena li vide, corse loro incontro dall’ingresso della tenda e si prostrò fino a
terra, dicendo: «Mio signore, se ho trovato grazia ai tuoi occhi, non passare
oltre senza fermarti dal tuo servo.
Si vada a prendere un po’ d’acqua, lavatevi i piedi e accomodatevi sotto l’albero.
Andrò a prendere un boccone di pane e ristoratevi; dopo potrete proseguire,
perché è ben per questo che voi siete passati dal vostro servo».
Quelli dissero: «Fa’ pure come hai detto».
Allora Abramo andò in fretta nella tenda, da Sara, e disse: «Presto, tre sea di fior di farina, impastala e fanne focacce».
All’armento corse lui stesso, Abramo; prese un vitello tenero e buono e lo diede
al servo, che si affrettò a prepararlo.
Prese panna e latte fresco insieme con il vitello, che aveva preparato, e li porse loro.
Così, mentre egli stava in piedi presso di loro sotto l’albero, quelli mangiarono.
Poi gli dissero: «Dov’è Sara, tua moglie?».
Rispose: «È là nella tenda».
Riprese: «Tornerò da te fra un anno a questa data e allora Sara, tua moglie, avrà un figlio».
Parola di Dio
2° Lettura dalla lettera di san Paolo apostolo ai Colossèsi (1,24-28)
Fratelli, io sono lieto nelle sofferenze che sopporto per voi e do compimento a ciò che,
dei patimenti di Cristo, manca nella mia carne, a favore del suo corpo che è la Chiesa.
Di essa sono diventato ministro, secondo la missione affidatami da Dio verso di voi
di portare a compimento la parola di Dio, il mistero nascosto da secoli e da generazioni,
ma ora manifestato ai suoi santi.
A loro Dio volle far conoscere la gloriosa ricchezza di questo mistero in mezzo alle
genti: Cristo in voi, speranza della gloria.
È lui infatti che noi annunciamo, ammonendo ogni uomo e istruendo ciascuno con
ogni sapienza, per rendere ogni uomo perfetto in Cristo.
Parola di Dio.
Dal Vangelo secondo Luca (10,38-42) anno C.
In quel tempo, mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio e una donna,
di nome Marta, lo ospitò.
Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore,
ascoltava la sua parola.
Marta invece era distolta per i molti servizi.
Allora si fece avanti e disse: «Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi
abbia lasciata sola a servire?
Dille dunque che mi aiuti».
Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose,
ma di una cosa sola c’è bisogno.
Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta».
Parola del Signore.
Riflessione personale sul Vangelo di oggi.
Cristo è il samaritano che versa sulle nostre piaghe l’olio della consolazione
e il vino della speranza, colui che non tira diritto facendo finta di non vederci,
che non si chiede se le nostre ferite non siano la conseguenza delle nostre
scelte sbagliate, che non ha paura di sporcarsi le mani di sangue.
E noi, guariti dentro, siamo resi capaci di misericordia e di tenerezza.
Cristo è colui che possiamo accogliere, come fece Abramo con i tre misteriosi
personaggi, alle querce di Mamrè, come fecero le sorelle Marta e Maria a Betania.
Accogliere Dio significa diventare fecondi, iniziare una nuova vita, come per
Abramo e Sara.
È facile immaginare la scena; Gesù, verso la fine del pomeriggio, quando il caldo
di Gerusalemme cede il passo al vento, scendeva la valle del Cedron e risaliva il
monte degli Ulivi, per superarlo e raggiungere il piccolo villaggio di Betania.
Chissà quando aveva conosciuto le sorelle e Lazzaro, forse suoi coetanei.
Per Gesù Betania rappresentava una pausa di normalità, una sosta, un refrigerio.
Lasciati indietro anche gli apostoli, forse Gesù ritrovava in quella casa di
campagna gli odori e le luci della sua piccola Nazareth.
Forse a Betania, davanti ad una focaccia cotta, Gesù dimenticava la tensione che
provava nella Gerusalemme che uccide i profeti, abbandonava il dolore sordo che
gli stava crescendo nel cuore vedendo la sua missione duramente contrastata.
A Betania Gesù poteva parlare liberamente, sentirsi accolto, svestiva il ruolo
del Rabbì, abbandonava i panni dell’accusato per ritrovare, per qualche
momento, il piacere dell’amicizia e della complicità.
Mi commuove alle lacrime vedere Dio intessere una relazione, che chiede ascolto,
che ama sedersi con semplicità intorno ad un tavolo e ridere e scherzare.
Se potessimo, di quando in quando, invitare Dio e ascoltarlo, preparare per Lui,
come Abramo, un buon pasto e dello yogurt fresco!
Diventassimo capaci, d’ogni tanto, di ascoltare Dio e il suo desiderio di salvezza,
ascoltare le sue fatiche e il suo dolore nel vedere l’umanità travolta dalla violenza
e dal limite, dirgli che può contare su di noi per realizzare il mondo altro che
ha nel cuore.
Facessimo diventare Betania la nostra vita! Sarebbe fantastico.
Maria e Marta rappresentano le due dimensioni della vita interiore;
la preghiera e l’azione.
Maria ascolta con attenzione le parole del Maestro, le impara a memoria,
se ne abbevera.
Come molti, ancora oggi, pende dalle labbra del Signore, aspetta che Egli
parli al suo cuore.
All’origine di ogni fede, il cuore di ogni esperienza religiosa è e resta l’incontro
intimo e misterioso con la bellezza di Dio.
Dio che solo intravvediamo attraverso le fitte nebbie del nostro limite ma di
cui, pure, possiamo temporaneamente fare cristallina esperienza.
Rimettiamo la preghiera e il silenzio nel cuore della nostra giornata, come
sorgente di serenità e di gioia.
Marta realizza la beatitudine dell’accoglienza, la concretezza dell’amore
e dell’ospitalità.
Anche lei sa che l’ascolto del Maestro è l’origine di ogni incontro, ma sa anche
che se questo incontro non cambia la vita, resta sterile e inconcludente.
Marta nutre il Cristo che Maria adora.
Non esiste una preghiera autentica che non sfoci nel servizio.
È sterile una carità che non inizi e non termini nella contemplazione del
mistero di Dio.
Restare ancorati a Cristo, ascoltare la sua parola, farlo diventare ospite fisso della
nostra vita suscita e produce in noi una profondità che nulla può travolgere.
Marta e Maria, pur restando gravemente turbate dalla morte di Lazzaro loro
fratello, sapranno, comunque, ancora disperatamente rivolgersi al Rabbì che
scioglierà le loro angosce.
Paolo, riflettendo sul dolore che sta caratterizzando la sua vita di apostolo,
invece di disperarsi offre il suo dolore a compimento del dolore di Cristo.
Nella logica del Vangelo, anche la notte e la sconfitta, se unite a Cristo Signore
della notte e della sconfitta, possono trasformarsi in gesto d’amore.
Siamo ormai nel cuore dell’estate; in ferie-per i più fortunati-o nelle città
arroventate, lasciamo entrare la freschezza dello Spirito accogliendo Cristo.
Certo amici, Cristo chiede di entrare nella nostra quotidianità, lasciamolo
entrare e prendiamo un caffè con Lui, Santa Domenica amici, Fausto.



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