Domenica delle Palme.
1° Lettura dal libro
del profeta Isaìa (50,4-7)
2° Lettura dalla
lettera di san Paolo apostolo ai Filippèsi (2,6-11)
Dal Vangelo secondo
Luca (22,14-23.56) anno C.
Quando venne l’ora,
[Gesù] prese posto a tavola e gli apostoli con lui, e disse
loro: «Ho tanto
desiderato mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia
passione, perché
io vi dico: non la mangerò più, finché essa non si compia
nel regno di Dio».
E, ricevuto un
calice, rese grazie e disse: «Prendetelo e fatelo passare tra voi,
perché io vi dico:
da questo momento non berrò più del frutto della vite, finché
non verrà il regno
di Dio».
Fate questo in
memoria di me.
Poi prese il pane,
rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: «Questo è il mio
corpo, che è dato
per voi; fate questo in memoria di me».
E, dopo aver
cenato, fece lo stesso con il calice dicendo: «Questo calice è la nuova
alleanza nel mio
sangue, che è versato per voi».
Guai a quell'uomo
dal quale il Figlio dell'uomo viene tradito.
«Ma ecco, la mano
di colui che mi tradisce è con me, sulla tavola.
Il Figlio dell’uomo
se ne va, secondo quanto è stabilito, ma guai a quell’uomo
dal quale egli
viene tradito!».
Allora essi
cominciarono a domandarsi l’un l’altro chi di loro avrebbe fatto questo.
Io sto in mezzo a
voi come colui che serve.
E nacque tra loro
anche una discussione: chi di loro fosse da considerare più grande.
Egli disse: «I re
delle nazioni le governano, e coloro che hanno potere su di esse
sono chiamati
benefattori.
Voi però non fate
così; ma chi tra voi è più grande diventi come il più giovane,
e chi governa come
colui che serve.
Infatti chi è più
grande, chi sta a tavola o chi serve?
Non è forse colui
che sta a tavola?
Eppure io sto in
mezzo a voi come colui che serve.
Voi siete quelli
che avete perseverato con me nelle mie prove e io preparo per voi
un regno, come il
Padre mio l’ha preparato per me, perché mangiate e beviate alla
mia mensa nel mio
regno.
E siederete in
trono a giudicare le dodici tribù d’Israele.
Tu, una volta
convertito, conferma i tuoi fratelli.
Simone, Simone,
ecco: Satana vi ha cercati per vagliarvi come il grano; ma io ho
pregato per te,
perché la tua fede non venga meno.
E tu, una volta
convertito, conferma i tuoi fratelli».
E Pietro gli disse:
«Signore, con te sono pronto ad andare anche in prigione
e alla morte».
Gli rispose:
«Pietro, io ti dico: oggi il gallo non canterà prima che tu, per tre volte,
abbia negato di
conoscermi».
Deve compiersi in
me questa parola della Scrittura.
Poi disse loro:
«Quando vi ho mandato senza borsa, né sacca, né sandali, vi è
forse mancato
qualcosa?». Risposero: «Nulla».
Ed egli soggiunse:
«Ma ora, chi ha una borsa la prenda, e così chi ha una sacca;
chi non ha spada,
venda il mantello e ne compri una.
Perché io vi dico:
deve compiersi in me questa parola della Scrittura: "E fu
annoverato tra gli
empi".
Infatti tutto
quello che mi riguarda volge al suo compimento ».
Ed essi dissero:
«Signore, ecco qui due spade».
Ma egli disse:
«Basta!».
Entrato nella lotta
pregava più intensamente.
Uscì e andò, come
al solito, al monte degli Ulivi; anche i discepoli lo seguirono.
Giunto sul luogo,
disse loro: «Pregate, per non entrare in tentazione».
Poi si allontanò da
loro circa un tiro di sasso, cadde in ginocchio e pregava
dicendo: «Padre, se
vuoi, allontana da me questo calice!
Tuttavia non sia
fatta la mia, ma la tua volontà».
Gli apparve allora
un angelo dal cielo per confortarlo.
Entrato nella
lotta, pregava più intensamente, e il suo sudore diventò come gocce
di sangue che
cadono a terra.
Poi, rialzatosi
dalla preghiera, andò dai discepoli e li trovò che dormivano
per la tristezza.
E disse loro:
«Perché dormite?
Alzatevi e pregate,
per non entrare in tentazione».
Giuda, con un bacio
tu tradisci il Figlio dell'uomo?
Mentre ancora egli
parlava, ecco giungere una folla; colui che si chiamava Giuda,
uno dei Dodici, li
precedeva e si avvicinò a Gesù per baciarlo.
Gesù gli disse:
«Giuda, con un bacio tu tradisci il Figlio dell’uomo?».
Allora quelli che
erano con lui, vedendo ciò che stava per accadere, dissero:
«Signore, dobbiamo
colpire con la spada?».
E uno di loro colpì
il servo del sommo sacerdote e gli staccò l’orecchio destro.
Ma Gesù intervenne
dicendo: «Lasciate! Basta così!».
E, toccandogli
l’orecchio, lo guarì.
Poi Gesù disse a
coloro che erano venuti contro di lui, capi dei sacerdoti, capi
delle guardie del
tempio e anziani: «Come se fossi un ladro siete venuti con
spade e bastoni.
Ogni giorno ero con
voi nel tempio e non avete mai messo le mani su di me;
ma questa è l’ora
vostra e il potere delle tenebre».
Uscito fuori,
Pietro pianse amaramente.
Dopo averlo
catturato, lo condussero via e lo fecero entrare nella casa del
sommo sacerdote.
Pietro lo seguiva
da lontano.
Avevano acceso un
fuoco in mezzo al cortile e si erano seduti attorno; anche
Pietro sedette in
mezzo a loro.
Una giovane serva
lo vide seduto vicino al fuoco e, guardandolo attentamente,
disse: «Anche
questi era con lui».
Ma egli negò
dicendo: «O donna, non lo conosco!».
Poco dopo un altro
lo vide e disse: «Anche tu sei uno di loro!».
Ma Pietro rispose:
«O uomo, non lo sono!».
Passata circa
un’ora, un altro insisteva: «In verità, anche questi era con lui;
infatti è Galileo».
Ma Pietro disse: «O
uomo, non so quello che dici».
E in quell’istante,
mentre ancora parlava, un gallo cantò.
Allora il Signore
si voltò e fissò lo sguardo su Pietro, e Pietro si ricordò della
parola che il
Signore gli aveva detto: «Prima che il gallo canti, oggi mi
rinnegherai tre
volte».
E, uscito fuori,
pianse amaramente.
Fa’ il profeta! Chi
è che ti ha colpito?
E intanto gli
uomini che avevano in custodia Gesù lo deridevano e lo picchiavano,
gli bendavano gli occhi
e gli dicevano: «Fa’ il profeta! Chi è che ti ha colpito?».
E molte altre cose
dicevano contro di lui, insultandolo.
Lo condussero
davanti al loro Sinedrio.
Appena fu giorno,
si riunì il consiglio degli anziani del popolo, con i capi dei
sacerdoti e gli
scribi; lo condussero davanti al loro Sinedrio e gli dissero: «Se tu
sei il Cristo,
dillo a noi».
Rispose loro:
«Anche se ve lo dico, non mi crederete; se vi interrogo, non
mi risponderete.
Ma d’ora in poi il
Figlio dell’uomo siederà alla destra della potenza di Dio».
Allora tutti
dissero: «Tu dunque sei il Figlio di Dio?».
Ed egli rispose
loro: «Voi stessi dite che io lo sono».
E quelli dissero:
«Che bisogno abbiamo ancora di testimonianza?
L’abbiamo udito noi
stessi dalla sua bocca».
Non trovo in
quest’uomo alcun motivo di condanna.
Tutta l’assemblea
si alzò; lo condussero da Pilato e cominciarono ad accusarlo:
«Abbiamo trovato
costui che metteva in agitazione il nostro popolo, impediva
di pagare tributi a
Cesare e affermava di essere Cristo re».
Pilato allora lo
interrogò: «Sei tu il re dei Giudei?».
Ed egli rispose:
«Tu lo dici».
Pilato disse ai
capi dei sacerdoti e alla folla: «Non trovo in quest’uomo alcun
motivo di
condanna».
Ma essi insistevano
dicendo: «Costui solleva il popolo, insegnando per tutta
la Giudea, dopo
aver cominciato dalla Galilea, fino a qui». Udito ciò, Pilato
domandò se
quell’uomo era Galileo e, saputo che stava sotto l’autorità di Erode,
lo rinviò a Erode,
che in quei giorni si trovava anch’egli a Gerusalemme.
Erode con i suoi
soldati insulta Gesù.
Vedendo Gesù, Erode
si rallegrò molto.
Da molto tempo
infatti desiderava vederlo, per averne sentito parlare, e sperava
di vedere qualche
miracolo fatto da lui.
Lo interrogò,
facendogli molte domande, ma egli non gli rispose nulla.
Erano presenti
anche i capi dei sacerdoti e gli scribi, e insistevano nell’accusarlo.
Allora anche Erode,
con i suoi soldati, lo insultò, si fece beffe di lui, gli mise
addosso una
splendida veste e lo rimandò a Pilato.
In quel giorno
Erode e Pilato diventarono amici tra loro; prima infatti tra loro
vi era stata
inimicizia.
Pilato abbandona
Gesù alla loro volontà.
Pilato, riuniti i
capi dei sacerdoti, le autorità e il popolo, disse loro: «Mi avete
portato quest’uomo
come agitatore del popolo.
Ecco, io l’ho
esaminato davanti a voi, ma non ho trovato in quest’uomo nessuna
delle colpe di cui
lo accusate; e neanche Erode: infatti ce l’ha rimandato.
Ecco, egli non ha
fatto nulla che meriti la morte.
Perciò, dopo averlo
punito, lo rimetterò in libertà».
Ma essi si misero a
gridare tutti insieme: «Togli di mezzo costui!
Rimettici in
libertà Barabba!».
Questi era stato
messo in prigione per una rivolta, scoppiata in città, e per omicidio.
Pilato parlò loro
di nuovo, perché voleva rimettere in libertà Gesù.
Ma essi urlavano:
«Crocifiggilo! Crocifiggilo!».
Ed egli, per la
terza volta, disse loro: «Ma che male ha fatto costui?
Non ho trovato in
lui nulla che meriti la morte.
Dunque, lo punirò e
lo rimetterò in libertà».
Essi però
insistevano a gran voce, chiedendo che venisse crocifisso, e le loro
grida crescevano.
Pilato allora
decise che la loro richiesta venisse eseguita.
Rimise in libertà
colui che era stato messo in prigione per rivolta e omicidio,
e che essi
richiedevano, e consegnò Gesù al loro volere.
Figlie di
Gerusalemme, non piangete su di me.
Mentre lo
conducevano via, fermarono un certo Simone di Cirene, che tornava
dai campi, e gli
misero addosso la croce, da portare dietro a Gesù.
Lo seguiva una
grande moltitudine di popolo e di donne, che si battevano il petto
e facevano lamenti
su di lui.
Ma Gesù, voltandosi
verso di loro, disse: «Figlie di Gerusalemme, non piangete
su di me, ma
piangete su voi stesse e sui vostri figli.
Ecco, verranno
giorni nei quali si dirà: "Beate le sterili, i grembi che non hanno
generato e i seni
che non hanno allattato".
Allora cominceranno
a dire ai monti: "Cadete su di noi!", e alle colline:
"Copriteci!".
Perché, se si
tratta così il legno verde, che avverrà del legno secco?».
Insieme con lui
venivano condotti a morte anche altri due, che erano malfattori.
Padre, perdona loro
perché non sanno quello che fanno.
Quando giunsero sul
luogo chiamato Cranio, vi crocifissero lui e i malfattori,
uno a destra e
l’altro a sinistra. Gesù diceva: «Padre, perdona loro perché non
sanno quello che
fanno».
Poi dividendo le
sue vesti, le tirarono a sorte.
Costui è il re dei
Giudei.
Il popolo stava a
vedere; i capi invece lo deridevano dicendo: «Ha salvato altri!
Salvi se stesso, se
è lui il Cristo di Dio, l’eletto».
Anche i soldati lo
deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto e
dicevano: «Se tu
sei il re dei Giudei, salva te stesso».
Sopra di lui c’era
anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei».
Oggi con me sarai
nel paradiso.
Uno dei malfattori
appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo?
Salva te stesso e
noi!».
L’altro invece lo
rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei
condannato alla
stessa pena?
Noi, giustamente,
perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre
azioni; egli invece
non ha fatto nulla di male».
E disse: «Gesù,
ricordati di me quando entrerai nel tuo regno».
Gli rispose: «In
verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».
Padre, nelle tue
mani consegno il mio spirito.
Era già verso
mezzogiorno e si fece buio su tutta la terra fino alle tre del
pomeriggio, perché
il sole si era eclissato.
Il velo del tempio
si squarciò a metà.
Gesù, gridando a
gran voce, disse: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito».
Detto questo,
spirò.
Qui ci si
genuflette e si fa una breve pausa.
Visto ciò che era
accaduto, il centurione dava gloria a Dio dicendo: «Veramente
quest’uomo era
giusto».
Così pure tutta la
folla che era venuta a vedere questo spettacolo, ripensando a
quanto era
accaduto, se ne tornava battendosi il petto.
Tutti i suoi
conoscenti, e le donne che lo avevano seguito fin dalla Galilea,
stavano da lontano
a guardare tutto questo.
Giuseppe pone il
corpo di Gesù in un sepolcro scavato nella roccia.
Ed ecco, vi era un
uomo di nome Giuseppe, membro del sinedrio, buono e giusto.
Egli non aveva
aderito alla decisione e all’operato degli altri.
Era di Arimatèa,
una città della Giudea, e aspettava il regno di Dio.
Egli si presentò a
Pilato e chiese il corpo di Gesù.
Lo depose dalla
croce, lo avvolse con un lenzuolo e lo mise in un sepolcro
scavato nella
roccia, nel quale nessuno era stato ancora sepolto.
Era il giorno della
Parascève e già splendevano le luci del sabato.
Le donne che erano
venute con Gesù dalla Galilea seguivano Giuseppe; esse
osservarono il
sepolcro e come era stato posto il corpo di Gesù, poi tornarono
indietro e
prepararono aromi e oli profumati.
Il giorno di sabato
osservarono il riposo come era prescritto.
Parola del Signore.
Riflessione personale
sul Vangelo di oggi.
Dio non è uno che ci manda le
disgrazie.
Non è un padrone che ci castra e ci
impedisce di volare.
Non è un despota che ci fa stare
buoni e zitti sennò ci castiga e allora lavora.
Non è uno che brandisce la Legge
e aspetta di lapidarci.
Ci vuole il deserto e la verità,
la fame di senso e la Parola per riuscire ad
arrendersi all’evidenza di Dio.
Un Dio che lascia crescere i suoi
figli, che ha fatto bene ogni cosa e fa
piovere sui giusti e gli ingiusti;
un Dio che, come un Padre, scruta l’orizzonte
e accoglie con dignità il figlio
che lo voleva morto, ed esce a spiegare le sue
ragioni all’altro figlio offeso;
un Dio che, unico giusto, potrebbe condannarci
e non lo fa, chiedendoci di
uscire dalla mediocrità del peccato, falsa libertà.
Siamo alla fine del deserto,
amici; ora vediamo all’orizzonte il Tabor.
Inizia la grande settimana, la
più grande.
La settimana piena di stupore e
di sangue, di amore e di emozioni.
Inizia la settimana Santa.
Gesù entra a Gerusalemme
trionfalmente.
La gente applaude, agita in alto
i rami strappati dalle palme e dagli ulivi,
stende i propri mantelli al
passaggio del Rabbì di Galilea.
Piccola gloria prima del
disastro, fragile riconoscimento prima del delirio.
Gesù sa, sente, conosce ciò che
sta per accadere.
Troppo instabile il giudizio
dell’uomo, troppo vaga la sua fede, troppo
ondivaga la sua volontà.
Ma che importa?
Sorride, ora, il Nazareno e
ascolta la lode rivolta a Lui e che Egli rivolge al Padre.
Messia impotente e mite, energico
e tenero, affaticato e deciso.
Non entra a Gerusalemme a cavallo
di un puledro bianco, non ha soldati al
suo fianco che lo proteggono,
nessuna autorità lo riceve; entra in città
cavalcando un ridicolo ciuchino,
ricordando a noi, malati di protagonismo,
che il potere è tale solo se non
si prende troppo sul serio, che la gloria degli
uomini è inutile e breve.
Osanna, figlio di Davide, Osanna
nostro incredibile Dio, nostro magnifico re.
Osanna dai tuoi figli poveri e
illusi, feriti e mendicanti, Osanna re dei poveri,
protettore dei falliti, Osanna!
Innalza a te il grido di lode la
tua Chiesa, santa e peccatrice, riconosce in te
l’unica ragione di vivere,
l’unica ricerca, l’unico annuncio, Osanna Maestro amato.
Luca racconta la sua passione
lasciando trasparire tutto il bene che ha ricevuto
da Cristo.
Lo ama il Dio di Gesù, ama il
Signore che egli ha conosciuto attraverso le
parole vibranti di Paolo.
E racconta le ultime ore di
battaglia, racconta dello scontro titanico tra il
Dio rifiutato e la tenebra
incombente che suggerisce a Gesù di
abbandonare l’uomo al suo
destino.
La battaglia, l’agonia è, in
Luca, tutta concentrata nella preghiera
sanguinante del Getsemani.
Capiranno, gli uomini?
O anche quel gesto passerà
inosservato e inutile come tanti altri?
Altro è predicare e guarire, altro
morire, nudi, appesi alla croce.
Gesù sceglie; consapevolmente,
drammaticamente, dolorosamente.
Andrà fino in fondo, si immergerà
nella volontà degli uomini (di morte),
sperando che essi scoprano la
volontà di Dio (di dono di sé).
Accetta di morire il Nazareno, il
Figlio di Dio, perché nessuno possa dire
che ciò che Egli annuncia è
fantasia o delirio.
Dopo, tutto diventa miracolo.
Al servo viene riattaccato
l’orecchio, Pilato ed Erode diventano amici,
Pietro piange il suo tradimento,
Gesù viene riconosciuto “giusto” dal
procuratore pagano, le donne
vengono consolate e scosse, il ladro appeso
alla croce perdonato e la folla
torna a casa percuotendosi il petto.
È piena di inattesa dolcezza la
morte di Dio.
Così siamo amati, fratelli, così
siete accolte, sorelle.
Meditando la passione restiamo
anche noi allibiti, costernati.
Assistiamo allo spettacolo della
morte di Dio, del dono totale di sé.
Ecco Dio; pende dalla croce,
morto per amore.
Dio muore d’amore.
Quando accogliamo il dolore e lo
affidiamo, quando, nonostante la violenza,
siamo resi capaci di perdonare e
donarci, anche la nostra vita produce inattesi
miracoli, prodigi e conversioni,
senza che neppure ce ne accorgiamo.
Buon cammino fratelli e sorelle.
Lasciamoci trascinare dalla
narrazione, riviviamo in noi gli odori, i suoni,
le luci e i colori di quei tre
giorni in cui Dio morì donando se stesso.
Buona settimana Santa a
voi amici, vivetela in unione con Gesù, Fausto.
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