sabato 2 marzo 2019

Il Vangelo di Domenica 3 Marzo 2019


Della 8° Domenica del Tempo Ordinario.
1° Lettura dal libro del Siracide (27,4-7)
2° Lettura dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi (15,54-58)
Dal Vangelo secondo Luca (6,39-45) anno C.
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli una parabola: “Può forse un cieco
guidare un altro cieco?
Non cadranno tutti e due in un fosso?
Un discepolo non è più del maestro; ma ognuno, che sia ben preparato,
sarà come il suo maestro.
Perché guardi la pagliuzza che è nell'occhio del tuo fratello e non ti accorgi
della trave che è nel tuo occhio?
Come puoi dire al tuo fratello: ‹Fratello, lascia che tolga la pagliuzza che
è nel tuo occhio›, mentre tu stesso non vedi la trave che è nel tuo occhio?
Ipocrita!
Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la
pagliuzza dall'occhio del tuo fratello.
Non vi è albero buono che produca un frutto cattivo, né vi è d'altronde
albero cattivo che produca un frutto buono.
Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi
dagli spini, né si vendemmia uva da un rovo.
L'uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l'uomo
cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male: la sua bocca infatti esprime
ciò che dal cuore sovrabbonda".
Parola del Signore.
Riflessione personale sul Vangelo di oggi.
Togli prima la trave dal tuo occhio e allora potrai vederci bene nel togliere
la pagliuzza dall'occhio del tuo fratello.
Gesù ci propone oggi un Vangelo piuttosto ostico, con il desiderio–da parte
sua–di lasciare che le beatitudini dirigano la nostra vita.
Ricordiamoci, però, questo dato fondamentale della vita cristiana; la vita
morale è conseguenza di un incontro, non uno sterile moralismo, la legge
di Dio, ricorda san Paolo è opera del Signore, non fatica vana come
l’obbedire esternamente ad una norma.
È un pò come quando vediamo uno dei nostri ragazzi che si prende una cotta;
la prima cosa che salta agli occhi è che si curano di più, si tengono in ordine,
diventano improvvisamente puntuali: perché innamorati.
Gesù ci chiede di essere misericordiosi perché il Padre è misericordioso;
il nostro agire è conseguenza dell’incontro che abbiamo avuto con Dio.
Il peccato, dunque, è l’agire morale.
E subito, sicuramente, ci vengono in mente le grandi tragedie della vita, gli
omicidi, le stragi, le aberrazioni di cui veniamo a conoscenza.
Bhé, visto tutto ciò che capita nel mondo noi non siamo poi così tanto male!
Non uccidiamo, non rubiamo (nel senso di rapina a mano armata, ma se capita
di grattare senza troppi danni qualche soldino…) quindi siamo a posto.
Invece la Scrittura ci invita a leggere la nostra vita puntando in alto, di non
paragonarci a chi si comporta peggio, trovandoci passabili, ma confrontandoci
col sogno di Dio su di noi.
Dio ci vede come dei capolavori, dei pezzi unici, come dei figli.
Vuole che–come aquile–voliamo in alto, e noi invece, sembriamo dei paperi
che guardano con sufficienza le galline.
Gesù è chiaro; non guardare alla pagliuzza nell’occhio del fratello tu che
hai un trave nell’occhio.
Quant’è vero!
Quanta fatica facciamo a riconoscere i nostri sbagli!
Quanto siamo pronti a giustificarli, ad attenuarli!
Con me sono comprensivo e benevolo, con gli errori degli altri sono spietato
e giudico con durezza eccessiva.
Esagero? Ascoltiamoci!
Ascoltiamoci quando si tratta di parlare di un’altra persona, dei nostri vicini,
dell’amministratore del nostro condominio, ecc. ecc.
Siamo sempre troppo adolescenti, intenti a proteggerci per paura che
qualcuno ci ferisca, sempre troppo concentrati a far apparire il meglio di noi
per paura che gli altri non vedano il peggio.
Liberi, amici, siamo liberi!
Siamo aquile fatte per volare, sbattiamo le ali!
Dio ci dona ali di aquila per accogliere ciò che siamo con verità, per imparare
ad amarci e ad amare gli altri con semplicità, per sapere che siamo capolavori in
costruzione e durante i lavori in corso uno sopporta un pò di polvere e di rumore.
Impariamo a vedere noi stessi e gli altri così come Dio ci vede.
Non si tratta allora di non giudicare le situazioni, di non esprimere pareri, no.
Ma di cambiare il criterio di riferimento, di vedere le cose con lo sguardo pieno
di speranza del Padre che fa sorgere il sole sui buoni e sui cattivi.
È una vera conversione quella che Gesù chiede, un cambiare del tutto
l’atteggiamento, un guardare in modo diverso.
Siamo tutti peccatori, siamo tutti figli; non abbiamo bisogno, come i bambini
dell’asilo, di fare bella figura davanti alla maestra; un padre e una madre
conoscono i difetti dei propri figli e amorevolmente li accettano
e cercano–insieme–di migliorarli.
Gesù ci invita a guardare i fatti, non i sogni; dai frutti si vedono gli alberi.
Frutto buono–albero buono, semplice, no? E’ vero!
Può essere un’idea interrogarsi sulla propria vita, sulle cose che crediamo
importanti, sulle nostre scelte; che frutti danno?
Siamo sereni, pieni di vita, capaci di affrontare le avversità?
Buon segno, abbiamo messo il Vangelo al centro.
Ma se-invece–il lavoro sempre più ingombrante, l’ansia del benessere o la
voglia di apparire ci danno inquietudine, interroghiamoci per avere
l’umiltà della retromarcia.
In settimana cominciamo la quaresima; perché non fare la “penitenza” di
entrare in questa logica, perché non vedere il lato luminoso della vita
e degli altri, invece di vedere sempre l’aspetto negativo?
Varrebbe più di mille venerdì di magro e dell’obolo per le missioni (facciamolo
comunque, ma con il cuore!).
Santa Domenica a tutti voi, amici, Fausto.

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