sabato 26 gennaio 2019

Il Vangelo di Domenica 27 Gennaio 2019


Della 3° Domenica del Tempo Ordinario.
1° Lettura dal libro di Neemìa (8,2-4a.5-6.8-10)
2° Lettura dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi (12,12-30)
Dal Vangelo secondo Luca (1,1-4;4,14-21) anno C.
Poiché molti hanno cercato di raccontare con ordine gli avvenimenti che si sono
compiuti in mezzo a noi, come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni
oculari fin da principio e divennero ministri della Parola, così anch’io ho deciso di
fare ricerche accurate su ogni circostanza, fin dagli inizi, e di scriverne un resoconto
ordinato per te, illustre Teòfilo, in modo che tu possa renderti conto della solidità
degli insegnamenti che hai ricevuto.
In quel tempo, Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito e la sua fama si
diffuse in tutta la regione.
Insegnava nelle loro sinagoghe e gli rendevano lode.
Venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella
sinagoga e si alzò a leggere.
Gli fu dato il rotolo del profeta Isaìa; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto:
«Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione
e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri
la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare
l’anno di grazia del Signore».
Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette.
Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui.
Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi
avete ascoltato».
Parola del Signore.
Riflessione personale sul Vangelo di oggi.
Ecco Luca.
Luca ci assomiglia; come noi proviene e vive in un ambiente lontano dalla
spiritualità, come noi è sollecitato da mille stimoli, da novità religiose “alla moda”,
come noi non ha mai visto Gesù in vita sua, come noi (spero!) è rimasto
profondamente coinvolto dalla predicazione di un ebreo di nome Paolo, giunto
ad Antiochia per parlare di un tale Gesù morto e risorto, come noi è cresciuto
nella consapevolezza che Dio è tenerezza infinita.
Leggendo Luca ne rintracciamo l’evoluzione interiore, il percorso, il carattere,
così come riusciamo a conoscere le persone quando iniziamo con esse un’intensa
corrispondenza.
Luca è stato educato nella religione dei padri, zeppa di divinità capricciose e
strane, che imitano, nel loro Pantheon, i difetti e i limiti degli uomini.
Divinità lontane, incomprensibili, scostanti, messe in ridicolo dall’annuncio di Paolo.
Dio è diverso, dice l’ebreo di Tarso, è un padre pieno di tenerezza, che cerca e
ama ciascuno dei suoi figli.
E Luca ne fa esperienza.
Spinto da Paolo, dopo alcuni anni di discepolato, Luca accetta di scrivere un
resoconto ordinato delle cose accadute tra le prime comunità.
Storico puntiglioso e appassionato, Luca dedica molto tempo ad ascoltare i
testimoni diretti e a redigere uno splendido vangelo, il vangelo della
mansuetudine di Cristo.
Luca ha a cuore la sua serietà di storico, ci tiene a confermare la fede in cui è
rimasto coinvolto; non sono favole quelle in cui ha creduto, ma pie meditazioni.
Ha dato del tempo, Luca, a questa ricerca e ci tiene a precisarlo.
Grande Luca!
Fa bene a dirlo, neanche lui avrebbe immaginato che, a duemila anni di distanza,
siamo ancora qui a giocare a fare gli intellettuali smaliziati, a guardare con
sufficienza le pretese di storicità dei vangeli, a scrutare con arroganza il
cristianesimo, a lasciarci turbare dalle affascinanti teorie di un romanziere furbetto.
Siamo convinti che la religione sia qualcosa di utile sì, male non ne fa, insegna
il bene, ma che in fondo in fondo tutto si risolva in una pia esortazione che non
può certo passare al vaglio della storia o della scienza.
Il vangelo è e resta uno splendido esempio di libro religioso, Gesù è una figura
ammirevole, ma tutto si confonde; morale, favola, dottrina.
Luca scuoterebbe la testa, invitandoci a prendere più sul serio la nostra fede,
a dedicare del tempo alla nostra preparazione, a renderci conto che la fede va
nutrita, informata, capita, indagata.
E invece no; le quattro nozioni imparate di malavoglia al catechismo sono,
spesso, l’unico approccio al cristianesimo che abbiamo conosciuto.
Salvo poi essere convinti di sapere molto sulla fede; più di una volta mi sono
trovato a parlare di fede con fior di professionisti che si impantanavano
miseramente nell’ignoranza nell’affrontare temi come l’etica, la storicità
dei vangeli e amenità del genere!
Siamo seri, il problema è la nostra pigrizia, il problema è la dimenticanza;
non ci importa della nostra interiorità, non investiamo perché in fondo
non ci crediamo.
Smettiamola di giocare a fare gli atei, non nascondiamo la nostra mediocrità
dietro una pretesa culturale poco seria e documentata, portiamo rispetto per
coloro che, davvero, hanno cercato e studiato e indagato.
Mondo impigrito, il nostro, che affida ad altri l’analisi per poi mandare a
memoria un riassunto delle conclusioni masticate dai tuttologi di turno.
Vogliamo veramente cercare la fede? Indaghiamo.
Cerchiamo davvero Dio? Informiamoci.
Vogliamo davvero dare senso alla nostra vita? Fidiamoci.
Sì perché-ci ricorda Luca-la fede nasce dalla testimonianza di chi ha
visto e creduto.
Gesù inizia il suo ministero nella sinagoga di Nazareth; leggendo la
splendida profezia di Isaia che vede un popolo di schiavi tornare dall’esilio,
il Messia proclama ufficialmente l’inizio del Regno.
Non sarà ascoltato, lo sappiamo, allora e oggi.
Ma a coloro che hanno il coraggio di fidarsi di Luca e degli altri, coloro
che-sul serio-cercano risposte, le indicazioni di Gesù sono davvero una
splendida buona notizia. Nonostante tutto.
Santa Domenica a tutti voi, amici, Fausto.

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